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Il cortocircuito di Sturgeon sull'indipendenza della Scozia
O il paese si limita a usare "mezzi legittimi e costituzionali" per esprimersi sulla permanenza nel Regno Unito, oppure è vero che "l'unione con l'Inghilterra non è consensuale". Le due versioni della premier che si contraddicono
Chissà qual è la vera Nicola Sturgeon. Probabilmente i primi ministri scozzesi sono due. Uno è la Nicola Sturgeon che ieri, dopo la sentenza della Corte suprema britannica contro l’indizione unilaterale di un nuovo referendum per l’indipendenza, ha detto ai giornalisti di voler limitarsi a “mezzi legittimi e costituzionali” per dirimere la questione. L’altra è la Nicola Sturgeon che ieri, dopo la medesima sentenza, ha detto ai militanti che “il Regno Unito non è una partnership volontaria”, dando ragione ai manifestanti che agitavano cartelli con la scritta “Quest’unione non è consensuale”. Sarebbe interessante assistere a un dibattito fra le due Nicola Sturgeon.
La seconda potrebbe facilmente rinfacciare alla prima che, essendo l’annessione della Scozia all’Inghilterra un atto de facto colonialista, la questione della legittimità della separazione non si pone ed è da considerarsi valida qualsiasi via che liberi un popolo oppresso. Tuttavia la prima Sturgeon potrebbe ribattere spiegando alla seconda che a rendere volontaria l’unione, che invale dal 1707, è stato se non altro il referendum di pochi anni fa, con cui gli scozzesi hanno espresso consenso al mantenimento della partnership con l’Inghilterra. A meno che anche le Scozie non siano due: una oppressa e fortemente indipendentista; l’altra che, nel segreto dell’urna, vota contro l’indipendenza.
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Le incoronazioni costano, scandalizzarsi no
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