bandiera bianca
Beati i disoccupati
Reddito di cittadinanza, dialoghi da bar e altre avventure
Sono andato al bar perché avevo cinque minuti di pausa. Mentre aspettavo invano di venire servito, la barista chiacchierava alla cassa con un’avventrice che le domandava dove fosse non so chi. Eh, rispondeva la barista, sta a casa. A far che, chiedeva l’avventrice incuriosita. Niente, replicava la barista. Ma è ammalato, s’informava l’avventrice premurosa. Macché, rivelava la barista, sta benissimo. E allora perché non lavora, inquisiva l’avventrice tenacissima. Allora la barista si profondeva in un giro di parole da cui evincevo che costui (figlio, marito, amico, amante, chissà) se ne stava in panciolle perché tanto lo stato lo pagava, di riffa o di raffa, presumo coi soldi delle tasse che io quest’anno ho versato per lavorare prima e dopo i cinque minuti di pausa trascorsi nella vana attesa di un caffè; senza mancare di aggiungere invidia anziché sdegno, la barista, sospirando sincerissima: beato lui. Allora me ne sono andato dal bar, decidendo di non farci mai ritorno e sperando in cuor mio che altrettanto facessero tutti gli altri clienti, così nel giro di qualche settimana anche la barista potrà restare a casa a non far niente, beata lei.