bandiera bianca

"Milf Manor" e quelli che urlano allo scandalo

Antonio Gurrado

Scene di epocale ambiguità e imbarazzo per il reality freudiano prodotto da TLC

Prima o poi ci sarà anche una versione italiana ma, per ora, nei paesi anglofoni tutti si sono messi a strillare a causa del reality freudiano prodotto da TLC: “Milf Manor”, dove tot piacenti tardone vengono rinchiuse in un resort con altrettanti fustacchioni ventenni, ovviamente da sedurre. Salvo scoprire, con precoce dénouement, che ciascuno è figlio di una di loro.

 

Il gioco ha già vissuto scene di epocale ambiguità e imbarazzo – le mamme che devono riconoscere i figli palpandone bendate i muscoli, i figli che descrivono nel dettaglio i seni da cui sono stati allattati – ma, agli occhi del telespettatore sgamato, sottintende un principio filosofico mica da ridere: al mondo tutti sono figli, tutti hanno una madre, quindi ogniqualvolta una tardona seduce un fustacchione quegli sarà figlio di un’altra tardona, ogniqualvolta un fustacchione soddisfa una tardona costei sarà madre di un altro fustacchione, e così via all’infinito.

  

È chiaro che l’orizzonte inconfessato di “Milf Manor”, chissà se lo attingeranno, è che fra madre e figlio accada uno sguardo lascivo, un complimento di troppo, un fuggevole limone; allora sì che ci sarà da dibattere per ore e ore nel post-reality.

  

Prima o poi ci sarà anche una versione italiana e, naturalmente, tutti grideranno allo scandalo anche qui; volete scommettere che a urlare più forte saranno proprio quelli che qualche anno fa marciavano fieri a sostegno dell’idea che l’amore è amore nonostante tutto?

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