bandiera bianca

Il vero banco di prova per Schlein è se cambierà nome al Pd

Antonio Gurrado

Va bene l’ambiente, i giovani e i diritti ma la segretaria avrà il fegato di aggiungere al "Partito Democratico" la dizione “e del Lavoro”, tramutando così in dichiarato programma politico l’ideale distopico delineato dalla prima riga della Costituzione?

Va bene l’ambiente, va bene i giovani, va bene i diritti elle gi bi ti e tutto l’alfabeto, ma il vero banco di prova su cui io aspetto Elly Schlein è se cambierà il nome del Partito Democratico aggiungendo “e del Lavoro”. Con la maiuscola sacralizzante, magari: non il lavoro cui voi e io ci accingiamo ogni mattina sacramentando bensì il Lavoro valore in sé, il Lavoro astratto, il dio Lavoro che sovrasta e soggioga l’uomo, per usare i termini di Marx (“L’ideologia tedesca”, 1846) che non se nel Pd qualcuno legga più. Tramutando così in dichiarato programma politico l’ideale distopico delineato dalla prima riga della Costituzione, “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”: postulato in cui Giuseppe Berto (“Modesta proposta per prevenire”, 1971) ravvisa quel tanto di paternalismo autoritario poiché, nell’accarezzarci tutti assicurandoci che il lavoro è un diritto, subito dopo di schiaffeggia ricordandoci che il lavoro è un dovere, quindi non c’è modo di liberarsene. L’avessero almeno fondata sulla bontà o sull’intelligenza, lamentava Tommaso Landolfi (“Rien va”, 1963): invece, sul lavoro, che è solo “un mezzo e per di più un mezzo inteso come indispensabile. Come dire: l’uomo è un essere fondato sulla necessità di mangiare e su quella di andare al gabinetto”. Si domandava, giustamente, Landolfi: “Codesti nostri beneamati progenitori non avevano nulla di più nobile su cui fondare le repubbliche?”. Ecco: adesso (2023) scopriremo se i pronipoti hanno qualcosa di meglio a cui intitolare i partiti.

 

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