Bandiera bianca
La violenza sessuale a Eleanor Williams che non lo era
Nel 2020 era partita una campagna social in supporto alla giovane inglese che si denunciava come vittima facendo nomi e cognomi dei violentatori. Ieri il tribunale l'ha condannata a otto anni per essersi inventata tutto: l'ennesimo processo social finito nel nulla
“Giustizia per Ellie”, recitava la paccottiglia messa in circolazione durante il lockdown del 2020, quando una giovane inglese – Eleanor Williams – era apparsa su Facebook con un occhio nero, un dito mozzato e lividi sparsi, denunciandosi vittima di violenza sessuale da parte di un gruppo di uomini asiatici. Seguiva lista dettagliata dei nomi, tutti suoi concittadini. C’è da chiedersi se quelle magliette e quegli elefantini con la scritta “giustizia per Ellie” non saranno poi parsi ironici a Ellie stessa, ora che ha effettivamente ottenuto giustizia: ieri il tribunale l’ha condannata a otto anni per essersi inventata tutto.
Le conseguenze della sua farneticazione sono state inimmaginabili. Alcuni degli accusati hanno perso clienti, altri la famiglia, altri hanno tentato il suicidio; la polizia locale è stata accusata di avere insabbiato le prove (che non si trovavano perché non c’erano); nella sua città i crimini d’odio contro gli asiatici sono triplicati. Adesso ci si domanda cosa possa avere portato una ventenne a infliggersi sofferenza fisica pur di accusare a vanvera dei tizi che conosceva appena (uno le aveva chiesto da accendere per strada) ed è tutta una caccia al trauma infantile (non provato), all’infermità mentale (esclusa dalla perizia psichiatrica), ai debiti per droga (solo ipotizzati). A nessuno pare venire in mente che, a farla agire, possa essere stata la spinta sociale a identificare comunemente l’accusa con la colpevolezza, a far celebrare processi sui social a furor di popolo, a dare per scontato che la giovane donna bianca sia vittima e l’uomo asiatico adulto il carnefice. A pensare, insomma, che la “giustizia per Ellie” sia una facile ordalia, quindi valga la pena di farsi un occhio nero e mozzarsi un dito.