Bandiera Bianca
Il messaggio sbagliato di chi si scaglia contro i compiti per le vacanze
Quali effetti può avere una scuola che comunica agli alunni che far passeggiate e guardare tramonti sia in fondo più importante che compiere ciò per cui la scuola stessa esiste, ossia studiare?
Et voilà: coi primi caldi, puntuali come le zanzare, arrivano pedagogisti ed esperti di didattica a dire che gli insegnanti non devono assegnare compiti delle vacanze, che l’estate è bella e lunga e vuota, che bisogna esortare gli studenti a far passeggiate, guardare tramonti, scoprire il mondo anziché marcire sugli esercizi di matematica o sulle versioni di latino. In modo altrettanto puntuale, e in numero sempre crescente, ecco allora sorgere insegnanti che si fidano un po’ troppo di pedagogisti ed esperti di didattica, quindi assegnano ai propri alunni il compito delle vacanze di far passeggiate, guardare tramonti, scoprire il mondo.
Questa tendenza è figlia di una triplice illusione da cui gli insegnanti non intendono risvegliarsi giammai. Anzitutto che pedagogisti ed esperti di didattica abbiano ragione, e che quindi per imparare a nuotare basti un corso accelerato di teoria del nuoto; poi che i ragazzi obbediscano davvero agli insegnanti, e che quindi d’estate su loro ordine mollino tutto e per almeno tre ore ogni pomeriggio si mettano a far passeggiate, guardare tramonti, scoprire il mondo; infine che la scuola debba insegnare la vita e non le discipline impartite dalla cattedra, e che quindi agli insegnanti spetti il compito fondamentale di porsi come guide spirituali, ambendo a sostituirsi non dico ai genitori ma perfino all’istinto e al buon senso degli alunni stessi, invece di dare esercizi di matematica e versioni di latino.
Certo, resta il mistero di quali effetti possa avere una scuola che comunichi tanto espressamente agli alunni che far passeggiate, guardare tramonti, scoprire il mondo sia in fondo più importante che compiere ciò per cui la scuola stessa esiste, ossia studiare. Da bambini, da adolescenti, posso capire che la prospettiva appaia allettante. Ma, una volta grandi, questi ragazzi cosa faranno? I pedagogisti? Gli esperti di didattica?
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