(foto di Sandy Millar su Unsplash)

bandiera bianca

Pro o contro il matrimonio? Tra qualche anno ci sembrerà un dibattito inutile

Antonio Gurrado

Sul concetto di unione si contrappongono tradizionalisti e progressisti. Che però insistendo sulla dimensione sentimentale dimenticano il vero dato macroscopico: cioè la storia

Michela Murgia si è sposata (non vuole gli auguri; non glieli faccio) e, attorno alle sue nozze, si è scatenato l’inevitabile dibattito sulla discrepanza fra ideali e realtà. Da un lato la scrittrice ha detto, sintetizzo inaridendo, che si sposa malvolentieri perché il matrimonio è un istituto che non ricalca adeguatamente la complessità del contesto affettivo in cui è immersa. Dall’altro versante, alcuni – primo fra tutti l’ex senatore Pillon – hanno fatto notare, sintetizzo inaridendo anche qui, che non importa quanto sofisticato possa essere un contesto affettivo, per formalizzarlo alla fin fine si passa sempre dal matrimonio, gnè gnè gnè. Non entro nel merito della diatriba poiché riguarda i sentimenti, che afferiscono solo alla sfera privata, e le istituzioni, che hanno valore esclusivamente pubblico; è ovvio che non combaceranno mai in alcun modo.

Trovo rilevante di quest’aspro scambio il dettaglio collaterale, cioè che entrambe le parti abbiano dato per assodata l’esistenza di una complessità sentimentale che scavalca la tradizionale idea di amore, di coppia, di famiglia. Finché però la considereremo solo a livello romantico, quello insomma dei casi singoli e della mozione degli affetti, non terremo presente il dato macroscopico, cioè la storia: grossomodo negli ultimi otto secoli, con la progressiva affermazione della borghesia, abbiamo avuto una concezione dell’amore e delle nozze che derivava da un impianto economico che bene o male si è mantenuto stabile nelle coppie e nella società; non a caso l’amore romantico come noi lo conosciamo, realizzazione di sé e chiave della felicità, è stato inventato nel Settecento, quando i borghesi si affacciavano per la prima volta alla rilevanza politica.

 

Andiamo invece incontro a un futuro in cui l’equilibrio socioeconomico sarà definitivamente mutato (avvisaglie: la vita si allunga troppo, la gravidanza tradizionale è solo un’opzione, l’aborto è socialmente accettato, è aumentato il bisogno in termini di guadagni, le macchine ci sostituiscono nei lavori, consumiamo più risorse di quelle disponibili, etc.) e ciò comporterà inevitabilmente una radicale rivisitazione del concetto di amore, coppia, famiglia e, casomai dovesse resistere, anche matrimonio. Quelle infatti che ci sembrano scelte private, decisive per la nostra vita, in realtà sono effetto di circostanze economiche che determinano il grosso delle nostre azioni. Noi stiamo vivendo una confusa fase di passaggio, intenti ad accapigliarci fra tradizionalisti convinti di poter risolvere tutto con l’immobilità e progressisti convinti di poter risolvere tutto adattando le istituzioni esistenti a situazioni nuove, cosa che in realtà è solo un modo diverso di restare immobili. È consolante sapere che fra cento o duecento anni, come sempre accade nella storia, avremo avuto tutti torto.

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