(foto Ansa)

Bandiera Bianca

Tutte le contraddizioni del Favino autarchico

Antonio Gurrado

L'attore che ha parlato di italianità da difendere nelle produzioni internazionali è lo stesso che ha interpretato Cristoforo Colombo. Pur non essendeo genovese

Ora che si è conclusa la Mostra del cinema di Venezia, possiamo nuovamente ringraziare Pierfrancesco Favino per averci fatto riflettere in quest’occasione su un argomento che spesso ci sfugge, ovvero cosa significhi essere italiani. All’atto pratico, infatti, perché dovrebbe risultare meno credibile che Enzo Ferrari modenese venisse interpretato da un attore americano – doppiato alle nostre latitudini in italiano neostandard – anziché dallo stesso Favino che è di Roma, o da Fabrizio Gifuni che è di Roma, o da Toni Servillo che è di Napoli, o da Riccardo Scamarcio che è di Bari? Siamo sicuri che avrebbe esaltato l’italianità di Ferrari vederlo impersonato da un attore di chissà dove che si sforza di riprodurre un accento emiliano più o meno caricaturale? E che cos’è questa fantomatica italianità?

 

Dovrebbe saperlo bene lo stesso Favino, che tanti anni fa, ricoperto da una patina bronzea, in “Una notte al museo” ha interpretato Cristoforo Colombo, dotandolo di una marcata cadenza genovese, senza essere di Genova, magari senza avere la patente nautica e sicuramente senza avere scoperto l’America. E senza pensare che lui è italiano ma Cristoforo Colombo no: era un cittadino della repubblica di Genova, al soldo di sovrani stranieri, governatore di territori lontani, di là dall’Oceano.

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