bandiera bianca
Lavorare inquina. Cortocircuiti sul licenziamento di Gianluca Grimalda
Il ricercatore ha perso il lavoro per essersi rifiutato di prendere un volo di trenta ore: voleva ridurre l'impatto ambientale del suo viaggio. Ma se l'obiettivo è eliminare l'inquinamento, allora tutti i pendolari dovrebbero essere licenziati
Non posso che essere d’accordo con Gianluca Grimalda, l’attivista licenziato dall’Institute for World Economy per essersi rifiutato di tornare in aereo da una spedizione nelle Isole Salomone. Anziché volare in trenta ore dall’altro emisfero alla Germania, Grimalda ritiene più giusto e sostenibile prendere due mesi di mezzi di trasporto lenti – navi da carico, treni, pullman – così da ridurre l’impatto ambientale in modo sensibile, di circa un decimo. È matematico. Sbaglia tuttavia Grimalda a contestare il licenziamento in quanto privo di giusta causa. Appare evidente infatti come, per svolgere un lavoro che preveda così lunghe trasferte, Grimalda o chi per lui sia comunque destinato a lasciare un’impronta ecologica, maggiore o minore a seconda del mezzo utilizzato ma comunque significativa. Se l’obiettivo è quello di azzerare l’impatto, ha senso che il Grimalda di turno venga sollevato dal proprio incarico, così da non avere più l’obbligo di spostarsi per il mondo e poter agevolmente venire lasciato in Melanesia. Credo valga anche per casi meno eclatanti: l’operaio che prende la corriera per Pomigliano, il travet che vive a Binasco perché Milano costa troppo, il fruttivendolo che ritira le derrate dai mercati generali, l’insegnante sul treno all’alba per andare a scuola chissà dove. I tanti Grimalda che ci sono al mondo dovrebbero auspicare che si smetta definitivamente di lavorare, che tutti vengano licenziati per eliminare l’inquinamento. Non è una giusta causa?