BANDIERA BIANCA
Il paradosso della premier islandese che sciopera insieme alle altre donne
Katrín Jakobsdóttir si unisce alla protesta contro il gender pay gap e la violenza sessuale in Islanda. Ma se protesta anche chi governa il paese qualcosa non torna
Contro chi protesta, di preciso, la prima ministra islandese che oggi parteciperà a uno sciopero? Leggo che Katrín Jakobsdóttir si asterrà dal lavoro per unirsi alla protesta contro il gender pay gap e la violenza sessuale in Islanda. Nobilissimi intenti ma, se protesta anche chi governa il paese, può voler dire solo due cose. O la Jakobsdóttir in quanto individuo non è in grado di mettere in atto le stesse politiche in cui crede, allo scopo di debellare tanto il gender pay gap quanto le violenze sessuali; oppure gender pay gap e violenze sessuali sono fenomeni contro cui perfino chi detiene il potere esecutivo non può nulla, salvo partecipare a una manifestazione simbolica. Nel primo caso vuol dire che, partecipando allo sciopero, la Jakobsdóttir protesta contro sé stessa, ritenendosi inadeguata e chissà, magari chiedendo anche le proprie dimissioni; nel secondo caso, significa che non ha senso tutta la campagna destinata a dare alle donne maggiore potere politico allo scopo di migliorare la loro condizione. In entrambi i casi, se ne deduce che la Jakobsdóttir potrebbe tranquillamente astenersi dal lavoro non solo oggi ma anche domani, fino a fine settimana, tutto il mese, per sempre.