Bandiera Bianca
Nubi all'orizzonte. Ma non è crisi climatica
Viviamo nell’epoca della patologia universale, l’era in cui tutto è sintomo di qualcosa di grave. E proclamiamo stati di emergenza per il nulla
Nessuno si aspetta la perturbazione spagnola. O, meglio, tutti ce l’aspettiamo perché ormai da giorni qualsiasi meteorologo sta insistendo sull’arrivo di questa tempesta iberica, per chissà quale ragione battezzata Sancho, che porterà la pioggia sul nostro primo maggio, rovinando piani per grigliate e gite fuori porta; solo che, a sentire i tiggì e a leggere sul web, ci comportiamo come se la notizia ci sconvolgesse. Ci diciamo che pare incredibile possa accadere col bel tempo che fa oggi, rigettando il lapalissiano “prima che piovesse, c’era il sole”.
Ci ripetiamo che, se il primo maggio piove, dev’essere in atto qualche grosso guaio climatico, confondendo come al solito clima e meteo e non pensando che la perturbazione, per definizione, ha la caratteristica di perturbare un meteo altrimenti stabile. Ci dimentichiamo delle varie primavere d’antan in cui ce la siamo presa tutta in testa (ricordo distintamente un Venerdì Santo sotto il nevischio) e manchiamo di domandarci come mai l’Inghilterra, dove cambia il tempo più volte al giorno, non proclami lo stato d’emergenza permanente. Nessuno si aspetta la perturbazione spagnola poiché viviamo nell’epoca della patologia universale, l’era in cui tutto è sintomo di qualcosa di grave: allora stiamo qui col naso per aria ad aspettare l’apocalisse che farà precipitare sulle nostre grigliate e sulle nostre gite del primo maggio quella che, in tempi più felici, si chiamava soltanto sfiga.