bandiera bianca

La cheese race come metafora della vita

Antonio Gurrado

È una delle competizioni più matte della terra e funziona così: si fa rotolare una forma di formaggio locale giù per una collina, con un lieve vantaggio sul gruppone di concorrenti che gareggiano nell’inseguirla

Inattese metafore della vita giungono da Brockworth, nel Gloucestershire, dove ogni anno si tiene la cheese race. È una delle competizioni più matte della terra e funziona così: si fa rotolare una forma di formaggio locale giù per una collina, con un lieve vantaggio sul gruppone di concorrenti che gareggiano nell’inseguirla; il primo che riesce ad afferrarla vince, e riceve in premio la forma medesima. Il rubizzo australiano che ha prevalso probabilmente non lo sa, ma questa gara è una metafora perché tutta la vita è un continuo correre dietro qualcosa che rotola via, sgomitando e rischiando l’osso del collo nel tentativo di fermarla. È una metafora perché, una volta che l’abbiamo presa, la cosa di cui ci siamo impossessati si rivela per quel che è – in questo caso una semplice forma di un derivato del latte, per giunta un po’ ammaccata – e scopriamo che alla fine sarebbe stato più comodo comprarla in caseificio. Ma, soprattutto, è una metafora perché quest’anno c’è stata una falsa partenza: credendo di aver sentito il via, una concorrente si è scapicollata giù per quasi duecento metri di dislivello e solo quando è arrivata ai piedi della collina, infangata e sfatta, ha scoperto che ad attenderla non c’era nessun formaggio.

 

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