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Bandiera Bianca

Si può anche lavorare

Antonio Gurrado

L'idea che chi delinque per necessità non fa nulla di moralmente sbagliato ha dei limiti. La condanna per spaccio di un trapper milanese dimostra che realizzare i propri sogni non è obbligatorio

Si può anche lavorare, ha detto il giudice condannando per spaccio non so che trapper milanese sorpreso nell’illecito commercio. Eppure la giustificazione del giovane appariva inoppugnabile. La sua linea difensiva, apprendo dalle cronache locali, consisteva infatti nel sostenere che a Milano è cara; che l’elevato costo della vita gli impediva di mantenersi con la sola musica trap; che pertanto gli era necessario arrotondare con l’attività parallela, a suo parere unica maniera di sfangarla fra affitto e bollette.

Secondo il trapper non c’è dunque nulla di moralmente sbagliato, tanto meno di illegale, nell’essere vittima della società, della gentrificazione delle periferie, di una città deluxe che stritola i più deboli finché non si arrabattano a difendersi per realizzare i propri sogni. Credo che il trapper abbia centrato il punto. Sentendosi intimamente mosso da un talento che non ho strumenti per giudicare, ha ritenuto di perseguire todo modo la carriera che riteneva ideale per sé, arrangiandosi con la delinquenza pur di farcela e poi lamentandosi perché, nonostante che molti trapper guadagnino benone, lui comunque non ce la faceva. Grazie al trapper, è la dimostrazione che realizzare i propri sogni non è obbligatorio. Appunto, si può anche lavorare.

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