Bandiera Bianca
L'antisemitismo si combatte con la razionalità
Il richiamo a sentimenti nobili non scalfisce gli antisemiti: l'unica arma è il rifiuto per principio. Le parole di Liliana Segre e la percezione dell'opinione pubblica
Mi hanno stretto il cuore, come spero a tutti, le parole di Liliana Segre sull’eventualità di venire nuovamente cacciata dal proprio paese perché ebrea. Il giusto risalto che hanno ricevuto rischia però di ingenerare nell’opinione pubblica una percezione errata: quella, cioè, secondo cui l’antisemitismo vada combattuto sul piano emotivo, ricorrendo alla nobiltà dei sentimenti. È chiaro che, di fronte alle parole di Liliana Segre, chiunque abbia conservato un grammo di umanità sente dentro di sé un impeto a impegnarsi affinché la stessa tragedia non si ripeta. È purtroppo altrettanto chiaro che a muovere gli antisemiti dichiarati e occulti – quelli che a destra ricorrono all’armamentario becero della retorica da lager, quelli che a sinistra si camuffano dietro il sostegno alla Palestina e la maschera delle buone intenzioni – è comunque la stessa parte dell’anima: la rabbia, l’odio, il disprezzo risiedono nello stesso alveo delle emozioni e dei sentimenti più nobili.
Contrastare l’antisemitismo facendo appello ai sentimenti migliori significa rischiare che qualcuno li soffochi coi peggiori. Bisogna invece dimostrare che l’antisemitismo è sbagliato per principio, indipendentemente da ciò che si sente e da ciò che si prova; contro l’antisemitismo, ci vuole una battaglia per la razionalità.