Southport - foto Ansa

Bandiera bianca

La lezione del parlamento inglese contro le sovranità personali

Antonio Gurrado

Dal Bill of Rights alla rappresaglia di Southport. L’orologio in Inghilterra batte con decenni d’anticipo, se non secoli. Trovare una sintesi tra diverse opinioni significa evitare che un giorno qualcuno si svegli e decida di usare lo scettro della Corona a mo’ di clava

John Crace, che è uno dei più sensati e sensibili notisti politici inglesi, a margine della rappresaglia di Southport ha evidenziato un dettaglio: mentre il ministro degli interni stava riferendo al parlamento, Nigel Farage era assente, troppo impegnato a sobillare direttamente la sua base sui social, poco prima che si scatenasse l’indegna guerriglia.

Di là dalla tragedia che si è consumata con l’accoltellamento (e dalla reazione civile di cui è ben scritto in un editoriale del Foglio), questo è un dato di fatto da non sottovalutare. L’orologio in Inghilterra batte con decenni d’anticipo, se non secoli, sin dal 1239, quando per la prima volta il termine parliament venne utilizzato per descrivere qualcosa di lontanamente simile a ciò che intendiamo adesso.

Al parlamento, nel 1689, il Bill of Rights ha affidato la sovranità, tanto che – se ci fate caso – quando le tv inquadrano la House of Commons vedrete sul tavolaccio un enorme scettro, che a rigore uno si aspetterebbe appannaggio del re. Farlo custodire al parlamento, ossia a centinaia di persone che non vanno d’accordo ma sono costrette a confrontarsi e a trovare una sintesi, significa evitare che un giorno qualcuno si svegli e decida di usare lo scettro a mo’ di clava.

   

Viviamo però nell’epoca del solipsismo politico, implicito ossimoro secondo cui chiunque si ritiene unico autentico custode di una sovranità personale, e se ne sente defraudato a ogni intervento di un corpo intermedio: vale per lo sciamano che assalta il Campidoglio e per il tiratore che spara a Trump, come anche per i giustizieri che spezzano i tergicristalli delle auto parcheggiate sul marciapiede o per gli ossessi della democrazia diretta digitale, secondo i quali è potere supremo il tocco del loro pollice. Tutta gente liberissima di ritenere che la politica del futuro consista nel riappropriarsi monocraticamente della sovranità ceduta da secoli alle istituzioni; non liberissima però di ignorare che, in tal caso, il futuro della politica sarà più arretrato del 1689 e anche del 1239.

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