Bandiera Bianca

L'errore di Sangiuliano? Non fare come Richelieu

Antonio Gurrado

Più degli scontrini, delle nomine e delle mail, più delle ricostruzioni e degli articoli, a conferire l'effetto-verità alla vicenda che ha come protagonista il ministro della Cultura sono state le fotografie e i selfie insieme alla sua presunta collaboratrice Maria Rosaria Boccia

Guai alla politica che si affida alla fotografia. Più degli scontrini, delle nomine e delle mail, temo che il grande pubblico si sia fatto un’idea del caso Sangiuliano-Boccia (di cui sul Foglio di oggi scrivono in molti meglio di quanto potrei) in base alle foto. Le avete viste tutti, sui social, in tv e sulle prime pagine dei giornali: particolarmente accusatorio appare il selfie dell’influencer con di fianco il faccione del ministro colto in un momento di beato deliquio, tramutato stamane in vignetta da collezione grazie al tratto maestoso di Mannelli sul Fatto. È ovvio che, di per sé, le foto non dimostrino un bel nulla; eppure conferiscono alla vicenda un effetto-verità che nessuna apologia, nessuna esegesi della corrispondenza o nessuno scontrino potrà mai contrastare, nel comune sentire degli elettori.
 

Guai alla politica che si affida alla fotografia, dicevo: se Sangiuliano avesse sdegnosamente rifiutato l’obiettivo dei selfie o del fotografo da cerimonia col treppiede, se Sangiuliano avesse preteso di venire immortalato solo con olio su tela come Richelieu da Philippe de Champaigne, come Metternich da Thomas Lawrence, come Margaret Thatcher da Richard Stone, la sua immagine ne sarebbe stata nobilitata, la vicenda avrebbe fatto molto meno rumore e i musei avrebbero avuto qualche opera d’arte in più da esporre.

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