(foto LaPresse)

bandiera bianca

Cosa ci insegna la sentenza del Tar che ha riammesso uno studente bocciato "per noia"

Antonio Gurrado

Il pronunciamento stabilisce che l’interessato, essendo oltremodo dotato intellettualmente, aveva tirato i remi in barca per la ripetitività un po’ ottusa delle lezioni delle scuole medie. Un principio che potrebbe avere conseguenze anche sul mondo del lavoro (e non solo)

L’immancabile Tar ha riammesso d’ufficio a una scuola media di Vicenza un bambino che l’anno prima non era stato promosso, decretando che era stato bocciato per noia. La sentenza stabilisce infatti che l’interessato, essendo oltremodo dotato intellettualmente, aveva tirato i remi in barca per la (parafraso) ripetitività un po’ ottusa delle lezioni delle medie, che temo ricordiamo tutti. La sentenza apre scenari promettenti, se non inquietanti. Mette anzitutto nero su bianco che gli insegnanti (tutti? Solo quelli coinvolti? Specificamente quelli delle medie? Quelli di ogni ordine e grado?) sono noiosi, e vabbe’; poi certifica che il passo tenuto dalla scuola dell’obbligo è un’estenuante moviola, che induce i più intelligenti ad autosabotarsi. Non solo: lascia intendere che, se ci si annoia, si può anche non far più nulla senza conseguenze, principio che potrebbe avere ricadute capitali non solo sulla scuola ma sull’intero mondo del lavoro.

Immaginate la scena: uno è intelligente, viene assunto, trova noioso il lavoro, non combina nulla e, quando viene licenziato, fa ricorso al Tar del Veneto sulla base di questo precedente. Soprattutto, però, il caso mi ricorda la vecchia notizia dell’inquilino francese che aveva chiesto di essere esonerato dal pagamento dell’affitto, poiché provava angoscia all’idea che la casa fosse infestata da fantasmi: una svolta, secondo cui nei fatti giuridici non conta più ciò che ci si aspetta da una persona – il dovere, l’impegno, perfino l’onore – bensì solo le emozioni che prova, a cui la realtà deve adeguarsi.

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