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Bandiera bianca

Risorgimento in classe: non è nazionalismo, ma patriottismo sensato

Antonio Gurrado

Il ministro Valditara risponde a Carlo Verdelli riguardo alla svolta nazionalista nelle linee guida sull’educazione civica. Tramonta così l'idea di approfondire l'800 italiano a scuola, un'occasione per capire davvero cos'è una nazione 

Mi è parso un po’ troppo cauto, fin quasi timoroso, il ministro dell’istruzione nel replicare all’articolo di Carlo Verdelli riguardo alla svolta nazionalista nelle linee guida sull’educazione civica. Lungi dal costituire un’educazione patriottica, ha detto in sintesi Valditara, si tratta piuttosto di educare gli studenti alla conoscenza della Costituzione e, di conseguenza, della comunità che la adotta. Mi spiace che tramonti così l’idea che avevo vagheggiato all’alba dell’anno scolastico, quella di un’educazione civica risorgimentale.

Dedicare al Risorgimento una trentina d’ore l’anno non sarebbe stato vacuo garrire di tricolori, bensì avrebbe avuto ricadute positive sulla comprensione della topografia (c’è chi pronuncia alla francese “via Daniele Manin”), della cronologia (un secolo non è un pastone indistinto, molta acqua passa fra il 1815 e il 1821), della geografia (dov’è Orbetello? dov’è Gaeta? dov’è Guastalla?), della narrativa (Garibaldi scriveva romanzi orrendi: è l’unica cosa in cui noi contemporanei lo imitiamo), dell’economia (la lega doganale), della tecnologia (la ferrovia Napoli-Portici), della guerra, della strategia politica, della diplomazia internazionale… Trenta ore l’anno di Risorgimento, soprattutto, consentirebbero ai giovani italiani di capire cos’è una nazione, come la si può strutturare in stato, in che modo convenga organizzarne il governo e, soprattutto, se davvero sia valsa la pena di farlo. È l’unico patriottismo sensato, quello che ragiona anziché cantare.