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Bandiera bianca

Il M5s abbraccia il berlusconismo per paura di non poterlo odiare più

Antonio Gurrado

Il meta-movimento di Grillo è lo specchio caricaturale del fare politica all'italiana, in cui comunque vada sarà sempre più comodo salire sul carro del vincitore. La transumanza pentastellata in Forza Italia ci mostra quanto l'astio senza freni verso un'idea sia solo il primo passo per innamorarsene

Per quanto condivisibile sia lo scetticismo di alcuni esponenti di Forza Italia riguardo all’accoglienza di sempre più frequenti transfughi del Movimento 5 stelle, non possiamo dire di trovarci di fronte a una tendenza inattesa. Certo, può sorprendere che dei ferventi antiberlusconiani della prima ora aderiscano al partito che persiste nell’inalberare il motto “Berlusconi presidente”; tale apparente incongruenza viene però meno quando si considera la peculiare caratteristica del M5s. È difatti mia profonda convinzione che esso sia non già un partito, non già un movimento, bensì un’accurata messinscena per far specchiare gli italiani nella caricatura della loro politica.

Siamo dunque di fronte a un meta-partito, a un meta-movimento, come risultava chiaro sin dalla primigenia ambizione grillina a occupare gli scranni superiori di Montecitorio, in posizione che fosse al contempo di superiorità e controllo, elevazione e scherno, rispetto agli altri gruppi parlamentari. Ebbene, nel corso degli anni l’operazione situazionista a cinque stelle ha strappato applausi grazie alla maestria con cui ha prodigato tanto la parodia del governo quanto la parodia dell’opposizione, culminando oggidì nella sublime pochade del rapporto epistolare fra un avvocato e un comico, incarnazioni del duplice animo arci-italiano, un po’ Azzeccagarbugli e un po’ Pulcinella.

 

 

Il M5s insomma castigat ridendo mores, e la transumanza degli antiberlusconiani in Forza Italia non ne è che l’ultimo tassello, forse quello estremo. Impersona quegli italiani sempre lesti a correre in soccorso del vincitore, ci riporta ai lontani fasti del “Franza o Spagna pur che se magna”, sbeffeggia l’asse portante della politica repubblicana, dal compromesso storico alle convergenze parallele: essere ossessionati dall’idea che si osteggia al punto tale da farla propria, per timore di doverne fare a meno