Bandiera Bianca

Friends compie trent'anni e invecchia male. Ma nessuno vuole (ancora) cancellarla

Antonio Gurrado

La serie resiste alla "cancel culture" e c'è un motivo. Se certe scene ci fanno ancora ridere, nonostante siano molto offensive, non è perché denigrano o prendono in giro ma piuttosto perché sono presentate in modo da essere divertenti. Una contraddizione inestricabile

"Friends" compie trent’anni e invecchia male. A settembre del 1994 venne messa in onda la prima puntata della sitcom che tutti abbiamo amato e amiamo ancora (un po’ più di "Seinfeld", un po’ meno di "How I met your mother"), però inizia a porsi il problema di alcune trovate comiche simili alle uscite brillanti del vecchio zio che si presenta ubriaco alla cresima. Facevano ridere trent’anni fa, appunto. È il caso, tanto per dirne una, delle risate strappate mostrando che da adolescente Monica, pur interpretata da una delle attrici più affascinanti del mondo, era oltremodo sovrappeso. Ah, e crasse risate anche sulla moglie di Ross, che lo aveva lasciato per una donna. Nessuno vuole cancellare "Friends" (per ora: nel caso, dovrà passare sul mio cadavere), tuttavia è ovvio che questo problema continuerà a porsi, a fronte di sempre più ragazzi che ci interrogheranno: "Ma perché ridi se il padre di Chandler è transgender?". Sappiamo che non dobbiamo ridere, però ce l’hanno presentata in modo che faccia ridere, e forse su questa contraddizione inestricabile si può far leva per una risposta di buon senso. Ridiamo perché "Friends" ci ha insegnato che si può ridere di tutto e di tutti, anche di ciò che trent’anni dopo non avrebbe fatto più ridere; e per trent’anni ci ha dimostrato che, ridendo, non siamo diventate persone peggiori, abbiamo riso ma non abbiamo fatto del male a nessuno.

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