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Bandiera Bianca

Tra il pittoresco e il violento, l'Italia si accontenta della piccola cronaca

Antonio Gurrado

Saltano i collegamenti ferroviari, si deturpano i monti, si inneggia alla pace per un popolo ma non per un altro. Non riusciamo a incanalare la violenza verso qualcosa di bello o di elevato 

Siamo un paese pittoresco, in cui si dibatte vigorosamente sulla liceità di fare gli auguri ai nonni nel giorno in cui saltano i collegamenti ferroviari; si deturpano i monti per protestare contro i turisti che deturpano i monti; si manifesta per la pace auspicando l’eliminazione di uno stato e occhieggiando alla persecuzione di un popolo; si scopre improvvisamente che le curve degli stadi sono sentine di delinquenza esibizionista e si rimpiangono i bei tempi innocenti dei Paparelli, dei De Falchi, degli Spagnulo; si dà del vecchio babbione al Papa perché ribadisce ciò che hanno detto i Papi precedenti, salvo averlo salutato come nuovo Messia quando diceva cose su cui gli altri Papi sorvolavano. Siamo un paese pittoresco, certo, ma siamo forse soprattutto un paese violento: di violenza verbale, concettuale, fisica e sociale.

Da Legnano intanto arriva la notizia che due settantenni stavano giocando a carte, con l’ardore dei pensionati, quando uno di loro ha sferrato un pugno all’altro, accoppandolo. E mentre il Papa, gli ultras, le Tre Cime di Lavaredo, il caos ferroviario sono notizie ben circostanziate nel tempo, questa dei giocatori di carte vecchi e rissosi appare eterna, poteva appartenere al 1974 come al 1954 o al 2054, come anche al 1513: quando cioè Machiavelli si ingaglioffiva a giocare coi plebei a cricca e al tric-trac, urlando e bestemmiando che lo sentivano fino a San Casciano. Lo raccontava lui stesso nella più bella lettera che un italiano abbia mai scritto, record imbattuto da mezzo millennio; e forse non siamo col tempo divenuti più violenti, lo siamo come ai tempi di Machiavelli e delle mazze ferrate medievali e dei più spacconi fra gli antichi romani. Abbiamo tuttavia perso la capacità di incanalare quest’impeto violento verso qualcosa di bello o elevato, e siamo rimasti soli con le cronache squalliducce di Papi insultati, ultras palestrati, ebrei perseguitati, monti deturpati, treni deragliati e nonni festeggiati.

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