Bandiera Bianca

Le ragioni dello zelante leghista Verri, quello dello striscione contro Tajani a Pontida

Antonio Gurrado

Viviamo in un mondo in cui la perdita delle sfumature ci spinge ad accettare solo quello che è identico al nostro modo di pensare e dunque in un mondo nel quale chiunque la pensi un po’ diversamente da noi sia assimilabile al più remoto esempio di nemico: il giovane leghista è una vittima di questo sistema

Essendo anche io un po’ scemo, come da sua stessa ammissione, posso capire Alessandro Verri (il leghista, non l’illuminista) e derubricare lo striscione anti-Tajani a infelice uscita causata dallo spirito paesano della sagra di Pontida e da una certa, chiamiamola così, ingenuità nel ponderare le conseguenze delle azioni.

Mi interessano tuttavia di più le loro cause, che nel caso di Verri credo siano queste: da qualche decennio viene dato per scontato che chiunque la pensi un po’ diversamente da noi sia assimilabile al più remoto esempio di nemico – e, quindi, Tajani a uno scafista per il solo aver proposto un sensato aggiornamento della normativa in materia di cittadinanza.

La totale perdita della sottigliezza e delle sfumature non è certo stata inventata dal povero Verri, il quale tutt’al più la subisce inconsapevolmente e anzi ne è imbevuto a mo’ di liquido amniotico. Avendo ventinove anni, infatti, è nato all’alba del bipolarismo muscolare, oggi parcellizzato in un multipolarismo isterico, fondato sull’esclusiva accettazione dell’identico: basta la minima divergenza a creare una distanza incolmabile, siderale. Verri ha peccato di eccesso di zelo, nell’esprimere in termini estremi lo iato fra gli intenti di Tajani e quelli di Salvini; non ha pensato che, in base allo stesso principio, tutti si sarebbero affrettati a prendere le distanze da lui, lasciandolo solo, a sentirsi un po’ scemo.

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