bandiera bianca
Per un apostrofo, i tedeschi hanno perso la dignità
Il caso del genitivo sassone e l’ignoranza che affratella i popoli, indicando loro un luminoso futuro in cui il linguaggio diverrà una poltiglia indefinita
Per un punto Martin perse la cappa e, per un apostrofo, i tedeschi hanno perso la dignità. Leggo infatti che il consiglio che regola l’ortografia tedesca ha dichiarato accettabile l’utilizzo del genitivo sassone con l’apostrofo – all’inglese, per intenderci, tipo “Harry’s bar” – nonostante che lo spelling tradizionalmente corretto ne fosse privo (a rigore, dovrebbe chiamarsi “Harrys bar”). Non ho mai vissuto in Germania e il tedesco mi terrorizza, ma ho vissuto in Inghilterra abbastanza da sapere che lì invale una tendenza uguale e contraria: prendere una parola al plurale – per esempio “days”, “giorni” – e scriverla infilando un apostrofo a capocchia prima della lettera finale, così che sembri un incongruo genitivo (“day’s”). Che queste due nazioni dai rapporti storicamente complicati si trovino accomunate dall’analfabetismo non può che far piacere a noi italiani, da tempo impegnati nello sforzo collettivo di non essere più madrelingua di nessuna lingua, né la nostra (controllate su Whatsapp: quanti vostri corrispondenti infilerebbero un apostrofo anche fra le parole “un” e “apostrofo”?) né quelle altrui: tant’è vero che, nella smania di scimmiottare il genitivo sassone, lo pratichiamo anche là dove non serve, ad esempio chiamando “dog’s house” un negozio di toelettatura per quadrupedi e comunicando, di conseguenza, che il proprietario (dico in senso letterale, absit iniuria verbis) sia un cane. Forse la sorprendente, benché un po’ triste, verità sullo sfondo di questa storia è che l’ignoranza affratella i popoli, indicando loro un luminoso futuro in cui il linguaggio diverrà una poltiglia indefinita, magari prearticolata; un tempo idilliaco in cui i popoli non potranno che andare d’accordo poiché, qualsiasi cosa diranno, non si capirà più niente.