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Bandiera Bianca

La vita umana avrà una fine, e con lei anche gli impegni

Antonio Gurrado

Pensare di non essere immortali ci consente di liberarci da quel senso di costante insoddisfazione, causato dalle cose che non finiremo mai 

Finalmente una buona notizia: gli scienziati ci hanno rassicurato sul fatto che l’estensione della vita umana ha raggiunto il proprio limite e che, una volta tirato fino ai cent’anni, non continueremo a invecchiare indefinitamente, di pari passo al progresso di medicina e tecnologia. Chiunque abbia dimestichezza con le Scritture ricorderà che, secondo il salmista, “gli anni della vita sono settanta, ottanta per i più robusti”; nei millenni intercorsi ci siamo ulteriormente irrobustiti e adesso non è peregrino arrivare ai novanta o mirare al secolo tondo, talora abbondante. Il prolungamento della vita si basa però sul presupposto di non avere mai concluso, che insomma ci resti sempre qualcosa da fare man mano che invecchiamo, e che abbiamo bisogno di sempre più tempo per quagliare, un po’ come chi al mattino sente la sveglia ma vuole dormire altri cinque minuti. Sotto questo aspetto, la prospettiva di un indefinito prolungamento della vita, garantito dalle scienze, ci dava agio di pensare che ci sarebbe sempre stato tempo, mettendoci d’altro canto addosso la pressione di sapere che così aumentava indefinitamente il numero di cose da fare. Ora la consapevolezza che abbiamo raggiunto il limite massimo di estensione cronologica ci libera da quel senso di costante insoddisfazione, causato dalle cose che non finiremo mai. Ci consente di non fare la fine della Sibilla cumana, che aveva ottenuto l’immortalità quindi si era ridotta a un’avvizzita larva, da cui uscivano con voce flebile soltanto due parolette greche: “Apothanein thelo”, voglio schiattare.

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