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Bandiera bianca

La morte di Jamshid Sharmahd e l'"efficienza del sistema giuridico" in Iran

Antonio Gurrado

Il presidente iraniano Pezeshkian ha dichiarato che, se ci interessassero davvero i diritti umani, penseremmo alle donne e ai bambini uccisi a Gaza anziché concentrarci morbosamente su una condanna a morte decisa dalle autorità islamiche

Il presidente dell’Iran è molto irritato. Colpa nostra: noialtre persone decenti, non contente di ritenere inaccettabile che un cittadino venga condannato a morte e tanto meno per reato d’opinione, pretenderemmo addirittura di sapere se Jamshid Sharmahd sia effettivamente rimasto vittima di esecuzione lo scorso 28 ottobre o se non sia morto in prigionia per cause naturali, come invece pare sia emerso dall’autopsia. Ma il presidente dell’Iran ha le idee chiare: Pezeshkian infatti ha dichiarato che, se ci interessassero davvero i diritti umani, penseremmo alle donne e ai bambini uccisi a Gaza anziché concentrarci morbosamente su una condanna a morte decisa dalle autorità islamiche, peraltro in un paese dove (secondo dati citati da Internazionale) nel 2024 ne sono già state inflitte altre seicento e più. In effetti il presidente dell’Iran ha ragione: cosa ci importa se lì un ingegnere informatico di settant’anni può essere giustiziato per il presunto e indimostrato coinvolgimento in un’azione terroristica o, quanto meno, per una sua vociferata collusione con monarchici nostalgici dei tempi dello scià di Persia? Siamo dei maleducati. Meriteremmo che il presidente dell’Iran ci richiamasse all’ordine e ci rimettesse al nostro posto, facendoci invece notare l’efficienza del sistema giuridico a quelle latitudini: non solo in Iran i sospetti dissidenti vengono infallibilmente condannati a morte, ma dimostrano la propria colpevolezza morendo spontaneamente prima dell’esecuzione.

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