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Bandiera bianca

La vittoria di Meloni (Simona, non Giorgia) e le parole magiche

Antonio Gurrado

L'omonimia tra l'esponente del Pd umbro e la premier riflette un generale disorientamento degli italiani riguardo la politica. In cui le parole sono state svuotate e trasformate in slogan usati senza considerarne il significato

Vorrei qui congratularmi con Meloni (Simona), esponente del Pd che ha fatto il record di voti in Umbria, per la sportività con cui ha ammesso che forse qualche elettore si è sbagliato ed era convinto che lei fosse Meloni (Giorgia). Da quest’episodio pittoresco non si può trarre solo la solita solfa sui partiti che ormai risultano indistinguibili e i politici che ormai uno vale l’altro; anche perché i partiti sono ben distinguibili e nessun politico vale un altro.

Credo piuttosto sia testimonianza di un più generale disorientamento degli italiani, che trascende la politica e riguarda il rapporto fra le parole e le cose. In Italia l’analfabetismo funzionale è a livelli vertiginosi; a furia di utilizzare le parole a caso, gli italiani le hanno del tutto svuotate di significato, rendendole scatole vuote. In politica, come altrove, le parole sono dunque diventate vacui slogan adottati solo perché suonano bene (“tolleranza zero!”, “intercettateci tutti!”, “onestà!”), senza tenerne in alcuna considerazione il senso. Persa ogni connessione fra le parole e le cose, di conseguenza i nomi propri non designano più gli individui, bensì delle idee confuse e delle vaghe speranze in cui riconoscersi e a cui affidarsi miracolisticamente.

Lo aveva capito bene la stessa Meloni (Giorgia) alla vigilia delle elezioni politiche, quando si era manifestata sui social brandendo ammiccante due meloni (ortaggi). Identico il destino di Meloni (Simona): indipendentemente dal caso che possa essere una competente e dedita rappresentante del territorio, e indipendentemente dal caso che la sua omonima possa essere una degna e pugnace governatrice della nazione, alla fine ad alcuni elettori sarà interessato soltanto poter scrivere una parola magica, un abracadabra come ai tempi del Medioevo. Quando, per fortuna, non votava nessuno.

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