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Bandiera bianca

Il problema antropologico dei calendari dell'Avvento per animali

Antonio Gurrado

Non è che, con il mettere in vendita calendari per animali insieme ai quelli per umani, certe ditte stanno cercando di farci delicatamente capire che stiamo diventando un po’ bestie?

Dicembre avanza e, giorno dopo giorno, si aprono sempre nuove finestrelle del calendario dell’Avvento. Quest’anno, dicono le agenzie, certe ditte ne hanno prodotti alcuni specificamente dedicati ai quadrupedi, o pets, come si fanno chiamare oggi per darsi un tono. Passano i giorni e, così come il padrone apre la finestrella e trova un dolcetto o un gadget o un campioncino cosmetico, l’animale si fa aprire la finestrella e riceve uno snack o un giochino o magari un prodotto per l’igiene dentale.

Certo, si porrebbe un problema teologico di non poca portata: se l’Avvento è il periodo dell’attesa della venuta del salvatore dell’umanità, cani e gatti si aspettano rispettivamente un salvatore della caninità e della felinità? Per non dire del problema etologico: cani e gatti lo sanno quanti giorni mancano a Natale, sempre ammesso che sappiano cos’è Natale? Questioni di lana caprina (ci sarà un calendario dell’Avvento anche per capre, in effetti), cui non riesco a trovare risposta; meglio concentrarsi sul problema antropologico, che mi sembra più semplice e urgente. È questo. Non è che, con il mettere in vendita calendari dell’Avvento per animali insieme ai calendari dell’Avvento per umani, certe ditte stanno cercando di farci delicatamente capire che stiamo diventando un po’ bestie?

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