Bandiera Bianca
Dal Regno di Napoli a oggi poco è cambiato in Italia in fatto di giustizia
La giurisprudenza italiana sembra essere rimasta quella dell'Ottocento. "Il procedimento non era una catena necessaria di atti legali, ma un aggregato di fatti vanesi quanto i casi di fortuna". Le parole attuali di Pietro Colletta nella Storia del reame di Napoli
Per una curiosa coincidenza, durante l’onda lunga della polemica sull’istituzione di una giornata in memoria delle vittime degli errori giudiziari, e sul relativo atteggiamento pilatesco o forcaiolo dei vari partiti, mi sono ritrovato a leggere alcune pagine dalla Storia del reame di Napoli di Pietro Colletta (lo so, forse dovrei leggere qualche bestseller in più). Scrive Colletta: “La giurisprudenza non era una scienza: ogni lite, comunque assurda, trovava sostegno in una qualche dottrina, ed il maggior talento e la fortuna de’ giureconsulti consisteva nelle astutezze legali”. E ancora: “Da questi giudici, da quelle leggi, discendevano giudizii lunghi, intricati e lenti. Né mai sentenza aveva effetto sicuro, potendo distruggerla il ricorso per nullità o ad appello”. E infine: “Per le quali sfrenatezze, il procedimento non era una catena necessaria di atti legali, ma un aggregato di fatti vanesi quanto i casi di fortuna”. Va detto che queste parole risalgono al 1834 e si riferiscono a una monarchia più o meno dispotica, estesa sul solo meridione. In seguito, l’Italia è diventata unita e repubblicana; ma, in materia di giustizia, non sembra aver fatto grandi progressi.
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