Uno dei 18 disegni autografi di Giovanni Boccaccio scoperti da Vittore Branca (foto ANSA)

Bandiera bianca

Quella sottile vena di necrofilia attorno alla cultura italiana

Antonio Gurrado

La Camera dei deputati preferisce celebrare l'anniversario della morte di Petrarca invece che di Boccaccio. Una contraddizione che rende la misura del ruolo che in Italia viene assegnato alla cultura

La Camera dei deputati, che prima celebra il seicentocinquantesimo anniversario della morte di Petrarca e poi nega i finanziamenti alle celebrazioni per il seicentocinquantesimo anniversario della morte di Boccaccio, non sta solo facendo come quegli insegnanti disperati che, quando si accorgono che il programma scolastico è troppo vasto, iniziano a mutilarlo con insensati colpi di machete, Ungaretti sì e Quasimodo no, Pascal sì e Montaigne no, la guerra civile spagnola sì e la guerra sino-giapponese no. L’evidente contraddizione – di per sé risibile: che razza di anniversario è il seicentocinquantesimo? – dà in piccolo la misura del ruolo che in Italia viene assegnato alla cultura.

La riteniamo strumento di discorsi aulici e di maniera; siamo tutti petrarchisti come un Panfilo Sasso o un Serafino Aquilano, convinti che essere colti significhi profondersi in discorsi alati, a metà fra l’erudizione trascendentale e il verbale di un ispirato brigadiere. Non la riteniamo invece strumento di divertimento e passatempo; troviamo disdicevoli gli ammicchi, le sconcezze e il bathos, tant’è che i rifacimenti boccacceschi li abbiamo lasciati a registi maledetti come Pasolini, ai maestri della commedia all’italiana come Monicelli, al sottobosco di cineasti scollacciati o scopertamente pornografici. Di sicuro, però, se litighiamo per due anniversari di morte, c’è una cosa su cui Petrarca e Boccaccio ci mettono tutti d’accordo: la cultura, in Italia, è percorsa da una sottile vena di necrofilia.

Di più su questi argomenti: