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Bandiera bianca

Sanremo specchio d'Italia? Sì, del paese all'incontrario

Antonio Gurrado

Dicono che è social, trendy, post-ironico. Prima a guardarlo erano solo le nonne, ora lo fanno anche i ragazzi. Nella nazione dove l’eccellenza è mediocre, il merito è una colpa, i laureati sono analfabeti e l’élite è populista è normale anche che i giovani siano vecchi

È solo grazie agli eroici reportage del Foglio dal Festival di Sanremo che, ogni anno, apprendo che esiste ancora il Festival, che esiste ancora Sanremo, che esiste ancora Rai 1. L’ultima edizione che ho orecchiato credo l’abbiano vinta i Jalisse: non dico per snobistica vanteria, ma è proprio che, quando avevo l’onore di essere giovane, Sanremo lo guardava mia nonna. Ogni anno dunque vengo colto di sorpresa e non solo scopro che esiste ancora Carlo Conti, che esiste ancora la scalinata coi cambi d’abito, che esistono cantanti di grande successo mai sentiti nominare; più di ogni altra cosa mi sorprende e mi spiazza incocciare un numero sempre crescente di giovani che guardano Sanremo dall’inizio alla fine. Dicono che è social, dicono che è trendy, dicono che è post-ironico.

Fatto sta che, in quei giorni fatali, io propongo a dei ventenni di ubriacarsi, di drogarsi, di fare le corse al semaforo, di dipingere di rosa il Duomo, di partire in vespa per un safari o di instaurare la dittatura del proletariato; immancabilmente mi viene risposto che non si può, perché c’è Sanremo e devono restare ogni sera a casa a guardare la tv. Reazione che sembrerebbe assurda ovunque, tranne che in Italia: nella nazione dove l’eccellenza è mediocre, la religione è individuale, il merito è una colpa, i laureati sono analfabeti e l’élite è populista, è normale anche che i giovani siano vecchi

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