
(Ansa)
Bandiera Bianca
Finalmente l'Italia ha un inno nazionale
Il governo riconosce l'Inno di Mameli come Canto degli Italiani. Ora è il momento di andare oltre la prima strofa per scoprire che ce ne sono altre quattro, controllare chi è Scipio, capire cos'è la speme e indagare su cosa c'entrino Legnano, Ferruccio e Balilla
Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta e ieri ha riconosciuto il “Canto degli Italiani” come inno nazionale della Repubblica, dopo che nel 1946 era stato adottato solo in via provvisoria, restando tale fino ai giorni nostri. Noi siamo da secoli calpesti, derisi, perché in Italia non c’è verso di iniziare una cosa senza lasciarla in sospeso, perdendosi in infiniti rivoli di leggi e leggine che rendono periclitante e stentato anche un atto dovuto come la formale adozione di un inno noto a tutti da decenni. Dall’Alpi a Sicilia ovunque l’inno di Mameli viene tuttavia cantato nella forma resa immortale dalle partite di calcio, ossia la prima strofa ripetuta due volte, una come romanza e l’altra come marcetta, decorata da un entusiastico “parapà, parapà, parapà pappà pappà”.
Uniamoci, amiamoci e, ora che abbiamo ufficialmente un inno nazionale, sforziamoci di scoprire che ci sono altre quattro strofe, di controllare chi è Scipio, di capire cos’è la speme, di indagare su cosa c’entrino Legnano, Ferruccio e Balilla, ma soprattutto di ricordarci che dobbiamo stringerci a coorte con due o e non con una sola. Son giunchi che piegano le spade vendute, già l’aquila d’Austria le penne ha perdute: il sangue d’Italia e il sangue polacco bevé col cosacco ma il cor le bruciò, per quanto nessun italiano lo abbia appreso finora, visto che la notizia è relegata in fondo all’ultima strofa, negletta e oscura. L’Italia chiamò, ma noi abbiamo risposto ottant’anni dopo.