
(Ansa)
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Sola Scriptura o tradizione? Una vecchia querelle che ora riguarda il Manifesto di Ventotene
L'idea dell'analisi del testo sacro come fosse un testo qualsiasi non è una cosa nuova. Ma sembra strano che a propugnare questo strumento rivoluzionario dell'analisi letterale del testo per dissacrare la tradizione sia proprio Giorgia Meloni, mentre Elly Schlein si erge al ruolo della custode di fede
Sola Scriptura o tradizione? Vista con gli occhi della storia anziché della cronaca, la querelle attorno al Manifesto di Ventotene si colloca nel solco di una delle divisioni che caratterizzano l’Occidente da mezzo millennio. Tutto era iniziato, credo, quando Martin Lutero aveva rivendicato il diritto di ogni cristiano a leggere la Bibbia per conto proprio e senza intermediari, ossia senza affidarsi alla stratificazione di interpretazioni che, a partire dai padri della Chiesa, per secoli ne aveva protetto e occultato il senso letterale, rendendosene guscio e corazza. L’idea dell’esigenza di tornare ai nudi testi, di comprenderne il senso leggendoli direttamente anziché contemplando l’aura di prestigio e di intoccabilità che li circonda, è stata a lungo il grimaldello della modernità contro taluni deteriori residui medievali. L’analisi del testo sacro come fosse un testo qualsiasi, da leggere e criticare come senza favoritismi e per giunta sceverandolo dal contesto, è stata il vessillo di Spinoza, di Bayle, dei deisti inglesi, di Voltaire, di Renan, financo di Hegel e, ovviamente, di Feuerbach.
Certo, si trattava di letture parziali, tanto nella prospettiva da cui venivano condotte, quanto nella scelta dei brani che facessero gioco; ai giorni nostri però abbiamo studiato abbastanza semiotica da sapere che qualsiasi lettura è un’interpretazione, e che metà di un testo viene fatta da chi scrive e metà da chi legge. Oggi i testi sacri non appartengono più alla religione, bensì al campo semantico dei diritti e delle istituzioni. La distinzione resta tuttavia la stessa di cinquecento anni fa: per esempio, la nostra Costituzione può essere letta secondo la tradizione, per cui viene tramandata come la più bella del mondo anche se ci si limita a osservarne compiaciuti la copertina, oppure alla stregua di qualsiasi contratto o saggio da vagliare e recensire, e allora – come fece Giuseppe Berto in “Modesta proposta per prevenire” – ci si accorge che è piuttosto mal scritta, fumosa e a tratti surreale (basta, al riguardo, la prima riga). Lo stesso vale per il Manifesto di Ventotene. Trovo soltanto singolare che sia Giorgia Meloni a propugnare lo strumento rivoluzionario dell’analisi letterale del testo per dissacrare la tradizione, ed Elly Schlein a ergersi al ruolo di custode della fede, a parlare di “oltraggio” come oscurantisti e codini, a suggerire che il miglior modo di capire un testo sia evitare di leggerlo davvero.

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