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Bandiera bianca

Anche sfasciare una Tesla può essere un'opera d'arte

Antonio Gurrado

Sono tante le ispirazioni e gli obiettivi possibili di chi mostra al mondo una macchina appena distrutta. Gli artisti non sbagliano mai, perfino con un atto patentemente violento e volgare

È mia ferma convinzione che gli artisti non sbaglino mai. Possono indubbiamente macchiarsi di imperizia tecnica, e produrre un risultato mediocre; possono senz’altro risultare poco originali, e limitarsi a scopiazzare cose già viste mille volte: non possono tuttavia sbagliare nel modo comune del termine, ossia facendo una cosa per l’altra. Se anche, durante la composizione, l’artista viene trascinato verso qualcosa di molto diverso dalle proprie intenzioni, ebbene, vuol dire che sta mettendo in atto un procedimento che, discutibile quantunque, è un tassello fondamentale del lento evolversi della sua poetica. Ciò vale anche per il collettivo la cui opera d’arte consiste nello sfasciare una Tesla e mostrarla al mondo tutta ammaccata; perfino un atto patentemente violento e volgare non va considerato erroneo, in quanto è il punto da cui la sua ispirazione sente di dover farsi strada.

Forse vuole imitare i pali confitti da Walter De Maria nelle Chevrolet esposte nella torre dell’amata Fondazione Prada; forse vuole farci riflettere sul concetto radicale di dépense, di spreco, così com’è formulato da Georges Bataille; forse vuole sfasciare tutto e, anziché macerarsi nella frustrazione come tutti noi, ha preferito passare alle vie di fatto trovando una scorciatoia per la sublimazione. Oppure vuole “creare un dibattito sull’ineguaglianza”, “opporsi allo strapotere dei miliardari”, “protestare contro Musk perché viola la costituzione americana” e perché “promuove in modo osceno l’estrema destra”, come lo stesso collettivo ha dichiarato alla stampa. Dimostrando per l’ennesima volta che gli artisti non sbagliano mai, tranne quando si prendono la briga di spiegare ciò che fanno.

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