Grazie Sergio
Due anni fa la scomparsa del super manager. Alcuni degli stimoli che ci ha lasciato possono tornare utili di questi tempi per salvare l’Italia dal rischio default socio-economico
Due anni fa ci lasciava Sergio Marchionne. Una perdita prematura e dolorosa, che ha creato un vuoto di stile e di umanità che i suoi successori alla guida del gruppo Fca non hanno ancora colmato. Una perdita non solo per il mondo della grande imprenditoria internazionale, ma anche per chi lo ammirava con la sincera convinzione di poter percorrere la strada di successo da lui tracciata. Marchionne era un super manager audace, innovativo e appassionato, capace di attirarsi grandi elogi e grandi critiche. Per lui prima di tutto veniva il lavoro, in ufficio e in fabbrica, con uno stile apparentemente casual che ne fece un’icona pop nell’ambiente un po’ snob di casa Agnelli. Ricordo che quando ci incontravamo, da ultimo al bellissimo museo dell’Alfa Romeo, mi accoglieva con quella semplicità naturale che ti mette a tuo agio. Grazie Sergio, per la lezione di vita che ci hai regalato. E grazie per i tanti stimoli che ci hai trasmesso, eredità concreta (mi vien da dire) di un abruzzese di rito ambrosiano. Un paio di questi stimoli li giro a chi oggi ha l’arduo compito di salvare l’Italia dal rischio default socio-economico: “Qualche ragione c’è se gli investimenti esteri sono ancora così bassi. E queste ragioni si chiamano burocrazia, servizi, infrastrutture, tasse e costi di gestione”. E ancora: “I leader, i grandi leader, sono persone che hanno una capacità fenomenale di disegnare e ridisegnare relazioni di collaborazione creativa”. Meditate, cari politici, meditate. Stay tuned.
barbari foglianti