barbari foglianti
È colpa del giustizialismo se nessuno vuole fare il sindaco
Chi rifiuta la candidatura porta motivazioni diverse, giuste e comprensibili. Ma ce n'è una sempre vera: fare il sindaco oggi espone alla quasi certezza di finire in pasto a una giustizia malata di protagonismo
Qualche giorno fa Beppe Sala, in un’intervista al Corriere, dichiarava che fare il sindaco comporta tanti rischi e una vita senza tregua, ma che comunque è il mestiere più bello del mondo. Soprattutto a Milano, capitale economica (e non solo) di un’Italia piena di acciacchi, è vero, ma con tanta voglia di rinascere. Se è così, allora come si spiega il gran rifiuto di Gabriele Albertini a candidarsi per il centrodestra, nonostante le pressanti richieste fatte da Matteo Salvini e da Giorgia Meloni? La motivazione ufficiale è stata: “A mia moglie non potevo infliggere un disagio per lei così insopportabile”. Qualcuno ha dato la colpa a Berlusconi, che punta su Maurizio Lupi.
Anche tenendole buone entrambe, io penso che la vera motivazione sia un’altra: e cioè che fare il sindaco, oggi, ti espone alla quasi certezza di finire in pasto (senza alcuna colpa) a una giustizia malata di protagonismo giustizialista, che se ne frega se hai commesso un reato o hai semplicemente fatto con onestà e trasparenza il tuo dovere di pubblico amministratore. Tanto il principio “chi sbaglia paga” si applica nella vita normale, ma non nelle aule di tribunale. Io ne sono un esempio: da governatore ho subito un processo durato sette anni, sono stato condannato in primo grado e in appello, e poi definitivamente assolto dalla Cassazione “perché il fatto non sussiste”. Capito? Era tutto inventato. Ecco, non so se questa sia la vera ragione del no di Albertini, ma credo che abbia fatto bene. Stay tuned.
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