barbari foglianti
Le buone pratiche per combattere il caporalato, a partire dalle associazioni
Prevenire il fenomeno è più efficace che reprimerlo. E il Protocollo d'intesa per la prevenzione e il contrasto, creato dalla Consulta contro il caporalato in agricoltura, è il punto d'avvio per progetti concreti
Tra pochi giorni inizia la battaglia del Quirinale, dove si preannunciano colpi di scena. Ma io oggi non voglio unirmi alle schermaglie last minute, ho già ripetuto più volte come la penso. Parlerò invece di lotta al caporalato. Nei giorni scorsi ho incontrato al Viminale, nella mia qualità di presidente della Consulta contro il caporalato in agricoltura, i rappresentanti dell’associazione No Cap. E’ un’associazione molto attiva sul territorio nel contrasto a ogni forma di caporalato e di lavoro irregolare. E’ stato un incontro veramente interessante, ricco di spunti, di proposte concrete e (quel che più conta) di buone pratiche utili alla prevenzione dei fenomeni di caporalato. Perché prevenire è più efficace che reprimere. Ma non è tutto: No Cap ha adottato un marchio che certifica i prodotti della rete agricola di qualità venduti nei negozi che aderiscono all’iniziativa. Il lavoro deve essere liberato da ogni forma di sfruttamento. Ci sono tante azioni previste dal Protocollo d’intesa per la prevenzione e il contrasto del caporalato che ha creato la Consulta, sottoscritto da tre ministri, dall’Anci nazionale e da quattro enti del Terzo settore. Sono azioni che vedono le prefetture capofila nell’attuazione concreta dei progetti. La strada da percorrere per sconfiggere il caporalato e assicurare a tutti un lavoro regolare e dignitoso è lunga e piena di insidie. Ma sono sicuro che con l’impegno di tutti gli uomini e le donne di buona volontà, alla fine, ce la faremo. Stay tuned.
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