Bentistà
Perché sul Mes la politica resta prigioniera dei propri meme
I contrari al fondo perché "privato" e "con condizionalità" siano coerenti e rinuncino anche a Cdp, Invitalia, Recovery Fund e Sure
Da tempo si sa che nel Consiglio dei ministri del 6 luglio scorso tutte le forze politiche di maggioranza hanno dato il via libera all’utilizzo del Mes. Il fondo “Salva stati” esiste dai tempi del governo Berlusconi, che ne approvò la creazione. Da allora il Parlamento è stato sempre aggiornato rispetto alle sue evoluzioni. La nuova linea del Mes mette a disposizione 36 miliardi a tassi addirittura negativi: condizioni, quindi, molto migliori di quelle che dovremmo sostenere se l’Italia raccogliesse direttamente queste risorse sul mercato. Soldi utili a investimenti per la sanità. Pensate a come potremmo migliorare ospedali, presidi territoriali, scolastici. E invece no: c’è una politica imprigionata dai suoi meme, che sono le moderne buche in cui casca chi le ha scavate (per chi non lo sapesse, i meme sono quelle immagini con slogan che vengono utilizzate via Whatsapp o sui social. Meme è l’abbraviazione di “mimeme”, una parola che deriva dal greco e significa “ciò che viene imitato”). Le condizionalità? Pressoché inesistenti e identiche a quelle del Sure (il programma per gli ammortizzatori sociali) su cui il via libera è stato immediato e senza problemi.
La linea Maginot di difesa dal Mes oggi è riassunta in un’affermazione che gli avversari ripetono senza nessuna capacità di argomentazione: “il Mes è privato”. Se arrivano a ruoli istituzionali persone che confondono il “privato” con un soggetto di “diritto privato” la situazione sarebbe buffa se non ci fossero in gioco questioni drammatiche da risolvere. Dopo Luciano Capone e Veronica De Romanis mi permetto di insistere e chiedo come mai i detrattori del Mes – Lega, Cinque stelle e purtroppo non solo loro – considerino Cdp e Invitalia, che sono soggetti di diritto privato, la chiave per statalizzare grandi gruppi industriali, rete unica di telecomunicazioni, eccetera. Perché non dicono anche in questi casi che “Cdp e Invitalia sono private”? Il possibile ricorso del governo a una linea di credito del Mes, la cui governance è in mano ai governi europei (quindi sotto pieno controllo pubblico degli stati dell’Eurozona), messa a disposizione unicamente per affrontare le spese del settore sanitario legate al Covid-19 è subordinato a politici che ripetono continuamente una bugia nella speranza che diventi verità solo nell’orecchio di chi è poco informato. Ma le bugie non basta ripeterle per trasformale in verità. Ieri le bozze della Nadef hanno certificato che siamo arrivati a un debito pari al 158 per cento del pil.
C’è chi propone vie d’uscita sovraniste, ma sappiamo peraltro cosa ha determinato l’idea di stampare carta moneta in stile venezuelano per ripagare i debiti: a Caracas con uno stipendio minimo mensile che è di circa 5 milioni e 200 mila bolìvar, pari a 1,30 euro, si possono acquistare un chilo di patate o pomodori, cinque tazzine di caffè e mezzo hamburger. E tre quarti di pizza. A furia di stampare moneta, i bolìvar valgono meno della carta igienica (in senso letterale). Ed è inutile tirare fuori il “Salva stati” usato in Grecia, perché il parallelo con questa nuova linea di credito sanitaria non sta proprio in piedi. Stiamo ipotecando il futuro delle prossime generazioni tra anti Mes, welfare elettorale e altro perché le scelte di oggi di politica economica stanno zavorrando qualsiasi prospettiva. Già oggi gli interessi sul debito di ogni anno sono la quarta voce, a breve la terza, di impiego dell’Irpef che pagano gli italiani (quelli che le tasse le pagano).
Possiamo permetterci politici che paralizzano il paese perché imprigionati nelle balle raccontate durante le loro sbornie propagandistiche? Servirebbe quantomeno coerenza nelle balle: se il Mes è privato si dica che anche Cdp e Invitalia non possono essere utilizzati perché privati. E se si dice no al Mes perché ha le condizionalità, si dica di no anche al Recovery fund e allo Sure che (per fortuna) hanno condizionalità più impegnative.