La tardiva battaglia della Cei contro il biotestamento
I vescovi, finora silenziosi, ora insorgono. A legge approvata
I vescovi italiani non ci stanno e annunciano battaglia sul biotestamento. Il consiglio permanente della Cei, in programma a gennaio, si appresta a rispolverare toni forti che da un bel po’ non si sentivano dalle parti della Conferenza episcopale italiana. Chissà, magari anche con qualche marcia in strada. Per un anno, mentre dentro e fuori il Parlamento si discuteva e si annunciavano scioperi della fame e della sete per far approvare il provvedimento sul fine vita, i presuli si sono segnalati per il loro silenzio. Assenti, come a voler segnalare e rimarcare con tante sottolineature la fine della stagione ruiniana e della sua appendice targata Bagnasco. Un silenzio che valeva come una generica equidistanza (già vista sulle unioni civili, con le prese di posizione innovative e in discontinuità del segretario generale Nunzio Galantino). Al di là di qualche dichiarazione una tantum, la Cei ha preferito puntare sullo ius soli, mostrandosi favorevole all’approvazione del provvedimento sulla cittadinanza con l’idea che – magari – sarebbe stato accantonato e rimandato alla prossima legislatura quello sul fine vita. Sullo ius soli la voce della chiesa italiana s’è sentita, eccome. Ma i calcoli erano sbagliati e a passare è stato proprio il biotestamento. E ora, quando i giochi sono fatti e si parla di compiere il passo ulteriore e naturale – l’eutanasia, vedansi gli annunci di Marco Cappato –, la Cei promette una dura battaglia, senza sconti. Anche a costo di andare contro i gesuiti della Civiltà Cattolica, ai quali la legge piace. “Vescovi compatti”, si legge qua e là. Pronti allo scontro aperto quando ormai c’è poco da dire. Una battaglia che mai come ora si annuncia persa in partenza.