Il sindaco di Verona, Federico Sboarina, e Matteo Salvini. Foto LaPresse

L'asse Verona-Brescia sulle famiglie

Marianna Rizzini

Fontana, Sboarina, Gandolfini, Pillon. Tra Lombardia e Veneto si muove il “cattoleghismo”

Roma. Il giorno dopo la conclusione del Congresso delle Famiglie di Verona restano anche – via intervista al Corriere della Sera – le parole dell’uomo che Verona l’ha voluta e sostenuta: Lorenzo Fontana, trentottenne ministro leghista per la Famiglia che, ai Cinque stelle che lo definiscono “fanatico” (come una parte dell’opposizione, del sindacato, della società civile, del mondo Lgbt), risponde: “Ci coprono di insulti? Forse non vogliono governare con noi il paese”. E anche se il vicepremier Matteo Salvini, all’indomani di Verona, ha incontrato il premier Giuseppe Conte (incontro non risolutivo), la tre giorni veronese lascia strascichi proprio a partire dalla linea di Fontana, già vicecoordinatore del Movimento dei giovani padani, vicesegretario federale della Lega, vicesindaco di Verona ed eurodeputato leghista che nel 2018 ha pubblicato un libro in tema demografico (“La culla vuota della civiltà. All’origine della crisi”, con prefazione di Salvini). Ed ecco che Fontana, nel giorno dell’esplosione delle polemiche, butta lì un “forse Spadafora dormiva” all’indirizzo del sottosegretario grillino con delega alle Pari Opportunità Vincenzo Spadafora (che prima di Verona aveva detto: “Fontana per la famiglia non ha fatto nulla”). E siccome Fontana non è stato ultimamente uno dei ministri più loquaci del governo, qualcuno si è domandato se non sia stato ora mandato avanti come catalizzatore di consenso presso l’area “cattoleghista”, e come creatore del possibile casus belli tra gialli e verdi. Manifestazione integralista? Macché, dice Fontana, “c’è stato un processo alle intenzioni pazzesco” (sua idea sottesa: i giornali hanno lanciato e qualcuno ha strumentalmente raccolto).

     

Fatto sta che, subito prima e subito dopo la distribuzione in piazza del gadget antiabortista raffigurante un feto di plastica, e subito prima e subito dopo la marcia per la vita veronese, il ministro è improvvisamente apparso (riapparso) come colui che dice cose indigeribili persino a una parte della Lega – ma non in quell’area della Lega che, tra Brescia e Verona, si è saldata con l’ala oltranzista del cattolicesimo del nord: la comunanza di vedute in tema di famiglia unisce infatti il ministro Fontana al volto più noto del Family day Massimo Gandolfini, neurochirurgo bresciano che da molti anni milita sul fronte pro life e che qualche giorno fa, intervistato da Libero, ha ribadito il concetto per cui è stato contestato in questi giorni (con collaterale polemica a distanza con sua figlia, che invece marciava nella contromanifestazione): “Le famiglie arcobaleno, quelle plurime, quelle allargate, non sono famiglie vere”, ha detto a Libero Gandolfini. Poi c’è il sindaco di Verona Federico Sboarina, avvocato eletto alla testa di una coalizione di centrodestra nel 2017, l’uomo che vorrebbe dare “il Daspo urbano” al vicepremier Luigi Di Maio: “Ci ha definito fanatici e sfigati, e adesso può fare a meno di venire a fare la sua passerella elettorale al Vinitaly”, dice il sindaco all’emittente locale TeleNuovo–Rete Nord (a suo avviso, “contro il congresso delle famiglie c’è stata una macchina del fango”).

   

I lavori in commissione Giustizia

Sempre lungo l’asse Brescia-Verona si colloca Simone Pillon, senatore e avvocato, già protagonista di polemiche sui temi di Verona per via del ddl su separazione e affido condiviso ora affossato (ieri Spadafora ne ha annunciato l’archiviazione: “Non arriverà mai in aula, è archiviato. Adesso bisogna scrivere un nuovo testo, che probabilmente prenderà anche qualcosa di buono, ma molto poco, per andare incontro ai temi del diritto di famiglia, ma non come aveva pensato Pillon. Sono state fatte le audizioni in Commissione Giustizia, adesso c’è un nuovo tavolo Lega-M5s al quale sono invitate anche le opposizioni”). E mentre qualcuno nell’opposizione e nella società civile scherza – “meno male che c’è Spadafora” – la Lega tiene Fontana sulla scena, ma smorzandone in qualche modo i toni dietro le quinte. Era già successo, d’altronde, nei primi mesi di governo gialloverde: Fontana aveva esordito con un “Perché? Esistono le famiglie arcobaleno?”, subito depotenziato da una parte dei colleghi e da Salvini. Poi il ministro, che a inizio legislatura aveva stilato una lista (al momento inevasa) di progetti pro famiglia (asili nido, baby sitter, sgravi fiscali), ha detto la frase che si dice quando si pensa il contrario di quel che le parole suggeriscono: “Se non servo, posso lasciare”. Ma, lungo l’asse del cattoleghismo Verona-Brescia (e non solo), Fontana serve eccome.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.