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Affrontare il crollo demografico italiano. La ricetta di Rosina

Emanuela Ferrara

L'esperto spiega come risollevarsi dalla denatalità

Più decessi che nascite, più ottantenni che neonati, più figli unici che secondogeniti: è ciò che attesta l'ultimo rapporto annuale Istat del 3 luglio. Un quadro tragico per l'Italia, fatto di record in negativo per natalità e demografia. Dal 2014 la popolazione è scesa di 677mila cittadini (- 4 per cento). In costante preoccupazione per la crescita del pil del paese, ci si dimentica – se non all'indomani delle statistiche – della rilevanza che una consistente popolazione attiva ha per l'economia stessa.

 

Il professore Alessandro Rosina, docente di Demografia alla facoltà di Economia dell'Università Cattolica ha analizzato questo fenomeno su Cattolica News: “Una delle obiezioni più comuni rivolte a chi si preoccupa della bassa natalità è che se la popolazione diminuisce, in un mondo che invece cresce, non sia così grave”. Per molti, infatti, il sovrappopolamento rappresenta uno dei problemi cruciali del nostro secolo ma il calo delle nascite, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non una soluzione perché sottrae proprio la fetta di popolazione più “socialmente utile” in potenza, poiché impiegabile lavorativamente.

 

“La diminuzione delle nascite - prosegue Rosina - non fa diminuire la popolazione in modo proporzionale a tutte le età, la erode dal basso. Ciò che quindi accade è che a fronte di una longevità che si estende, si riduce la consistenza delle nuove generazioni. Aumenta così il peso della popolazione più vecchia, producendo squilibri generazionali che più si allargano e più costituiscono un freno alla crescita economica e alla sostenibilità del sistema sociale”.

 

La diminuzione delle nascite, però, non è l'unica causa del regresso demografico. Nel 2018 sono 157mila gli italiani che hanno lasciato il paese. E il declino demografico, difficilmente recuperabile nel breve periodo, è anche sintomo e conseguenza di problematiche spesso legate, oltre che alla scelta di non avere figli, alla decisione di espatriare.

 

L'attuale situazione economico-lavorativa del paese non rappresenta, per molti giovani italiani, il terreno fertile su cui costruire un futuro familiare o professionale.

 

Secondo Rosina i fattori maggiormente rilevanti in questo scenario sono rappresentati “dall’alta dipendenza dei giovani dai genitori, la bassa occupazione femminile, l'alta povertà infantile e accentuato invecchiamento della popolazione”. Ma l'aumento della vita media, grazie ai progressi della medicina moderna, fa crescere il numero di malati cronici e non autosufficienti che necessitano assistenza sanitaria totale.

 

Partendo da tali criticità il demografo individua delle possibili soluzioni con “lo sviluppo di misure integrate che sostengano e rafforzino: progetti dei giovani di conquistare una propria autonomia e formare una propria famiglia, i progetti delle donne e delle coppie di conciliare in modo efficace il lavoro con la scelta di avere un figlio, oltre al contrasto del rischio di impoverimento delle famiglie con figli”.

 

I rapporti Istat sono il campanello d'allarme che dimostra che un piano strutturato di interventi concreti si rivela ormai urgente ed è ben più necessario di campagne alla #fertilityday.

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