“In Francia si vogliono dissociare padre e genitore. Fermiamoli”
L’arcivescovo di Reims: “La chiesa deve farsi sentire contro il progetto di legge sulla procreazione”
“In un clima di rientro, giovedì 29 agosto ci ha ricevuti Éric de Moulins-Beaufort, arcivescovo di Reims”, scrivono Marie-Lucile Kubacki e Aymeric Christensen. “Fine delle vacanze – qualche turista ronza ancora attorno alla cattedrale – ma soprattutto rientro politico, con la revisione delle leggi di bioetica che si annuncia all’Assemblée. Cosa simbolicamente molto forte: mentre varchiamo la porta dell’arcivescovado, alcuni rappresentanti delle principali religioni sono ricevuti in audizione dai deputati della commissione speciale dedicata al progetto di legge.
Come fare per arrivare ai nostri contemporanei, quando una crescente parte di loro non ha mai messo piede in una chiesa? ‘Bisogna che usciamo noi, che ci mostriamo noi di più. La Francia è ricca di un considerevole patrimonio… E poi bisogna mostrare che dentro vi succede qualcosa! Tanti vedono le chiese come dei musei. Dobbiamo far sentire le nostre voci sulle scelte della società, ma il nostro scrupolo dev’essere meno quello di lamentarci dell’attuale stato dei costumi che di vivere pienamente la bellezza di quel che ci è dato. Bisogna che le persone incontrino questo e che le convinciamo che tutto ciò non è riservato a un club. Tra i nostri contemporanei c’è una forma di disperazione. Poiché non si osa più sperare la Grande Speranza, ci si accontenta di sperare in piccole realizzazioni, piccole felicità. Bisogna credere che siamo fatti per la gioia vera, non per una felicità circoscritta’.
In piena revisione delle leggi di bioetica, in che maniera la chiesa intende far sentire la propria voce? ‘Tante cose sono state già fatte, bisognerebbe essere sordi per non averle sentite! In sede di stati generali, numerosi credenti hanno preso la parola come cittadini; noi, vescovi, abbiamo fatto documenti, libri che abbiamo inviato ai parlamentari. Una vera riflessione, piuttosto vasta, s’è sviluppata su questi argomenti, come sul fine vita, in particolare grazie all’esperienza di cattolici impegnati nei servizi di cure palliative come personale medico/paramedico e come volontari. E poi non siamo i soli ad avanzare delle riserve: anche dei non cattolici hanno espresso molto razionalmente i pericoli per la società e per il sociale dell’estensione della Pma e della tentazione dell’eutanasia. La figura più emblematica è Sylviane Agacinski, ma ce ne sono altre’.
Eppure questo non ha inciso granché sul parere emesso dal Comitato consultivo nazionale di etica (Ccne), né sul progetto di legge… ‘E’ stato lo stesso in occasione della precedente revisione delle leggi di bioetica, e sarà lo stesso alla prossima! Non sarà questo però a impedirci di dire quel che dobbiamo dire’.
Lei è pessimista quanto all’esito? ‘Vengono dissociati padre e genitore. Ora, già oggi degli adulti concepiti mediante Pma reclamano di conoscere il donatore di spermatozoi che ha permesso loro di nascere, pur avendo un reale affetto per i loro genitori. Le dichiarazioni ufficiali rispondono che si permetterà ai figli concepiti per Pma di sapere se il loro genitore era portatore di malattie, ma non è questo che cercano! I geni non sono mattoncini di Lego, portano una storia attinta alla storia dell’umanità, quella della discendenza da cui ciascuno viene. Certamente esistono figli cresciuti da un padre e da una madre che non sono loro genitori, pensiamo al caso dei bambini adottati. Ma bisogna moltiplicare queste situazioni? La cosa più semplice e più bella è comunque sempre che il genitore sia il padre, e che sia stato disponibile a questo, che suo figlio o sua figlia lo deluda o lo meravigli. Si crea una complicazione che bisognerà gestire’.
Quale complicazione? ‘Si iscriverà il padre biologico sotto una nuova denominazione, si faranno giochi di prestigio giuridici con i quali ci assicurano che renderanno tutti felici. Non è escluso che qualcuno ne risulti felice, ma socialmente stiamo perdendo di vista e ci sta sfuggendo di mano quel che può accadere, e che dovrebbe viversi nell’incontro tra l’uomo e la donna. Alle volte si ha l’impressione che, per alcuni, il punto di ricaduta ideale sia che tutti siano come asessuati. La procreazione, che è la sorgente dell’umanità, viene dall’incontro tra un uomo e una donna, il cui corpo è differente. La capacità del corpo della donna di portare la vita è probabilmente la sola differenza descrivibile tra il maschile e il femminile nell’umanità, bisogna meravigliarsi di questo mistero invece che non vedervi altro che un ingombro’.
Di fatto, la filosofia del nuovo progetto di legge è che il genitore è colui che ha l’intenzione di esserlo: che problema le fa questo? ‘S’instilla l’idea che il figlio sia portato dal progetto, dal desiderio e dall’intenzione dei suoi genitori. Per quanto mi riguarda, io voglio sì essere oggetto di un disegno di Dio, ma non necessariamente di un progetto dei miei genitori, per quanto possa essere benintenzionato. I cristiani sanno che un essere umano non si riassume all’incontro dei genitori, ma che è portatore di una vocazione, di una chiamata di Dio. Rimpiazzare tutto ciò col progetto parentale… faccio fatica (una fatica dolorosa) a vederci una promozione dell’umanità. Più precisamente, il progetto dei genitori dev’essere oltrepassato dalla vocazione di ciascuno. Quando saremo tutti misurati dalle intenzioni di quanti ci hanno generati, sarà l’ora di una grande violenza perché a quelle intenzioni non risponderemo totalmente o perché saremo delusi del ritrovarci prigionieri di intenzioni che non corrispondono a quel che vogliamo essere’.
Lei sta sul territorio: qual è la sua percezione della situazione della chiesa in Francia? ‘L’anima francese, se questo vuol dire qualcosa, è molto impregnata dal cristianesimo, anche nel suo rifiuto del cristianesimo, ma questo non basta a farne un paese fervente, anche se ci sono persone ferventi… Concretamente, nella mia diocesi ci sono 79 preti incardinati, una decina di venuti dall’estero, e fra loro 27 che hanno meno di 70 anni e 7 che hanno meno di 50 anni. Ci resta un seminarista. Lamentarsi della mancanza di preti non serve a granché. Meglio realizzare che questi 89 preti sono il dono che Dio ci fa oggi’”.