Il Mondo Nuovo è qui
A Parigi la fiera dei bambini à la carte. A Londra gli “indesiderati” chiedono di poter nascere
Roma. “Mercati della carne”. Così Sylviane Agacinski nel suo libro “L’uomo disincarnato” (Neri Pozza) definisce il business della maternità surrogata. E se c’è un mercato, c’è anche una fiera. Il video dei bimbi nati dalla surrogata in Ucraina e bloccati nel paese perché le coppie straniere non potevano andare a recuperarli a causa del coronavirus ha fatto il giro dei media. E per una ragione: i cinquanta neonati, accuditi in un hotel della Biotexcom, hanno mostrato l’esistenza di un supermercato genetico. A Parigi, il 5 e 6 settembre, si svolgerà “Désir d’enfant” e ci saranno tutte le grandi aziende dei bambini à la carte.
Ci saranno l’agenzia ucraina Feskov e l’americana California Fertility Partners. Per la prima volta in Francia, un evento internazionale dedicato al “desiderio di figli”. Finanziamenti, banche del seme e degli ovociti, scelta del sesso dell’embrione, accesso alla surrogata. Pochi giorni dopo, un’altra fiera, “Man having babies” in un hotel di Bruxelles, dedicato alle coppie omosessuali che accedono a questo mercato. E ci troviamo molte delle aziende reduci da Parigi, come la California Fertility.
A Parigi si daranno appuntamento molte cliniche della fertilità, dalla Ivf di Barcellona alla Dunya di Cipro, o la Fairfax Cryobank. Sul sito di quest’ultima si può scegliere tutto del donatore: gruppo etnico, colore dei capelli e degli occhi. Tante le compagnie ucraine presenti. Offrono la diagnosi preimpianto a prezzi abbordabili, ovvero la tecnica di selezione dell’embrione sano. Ed è contro tale selezione che a Londra in questi giorni una ragazza con la sindrome di Down ha fatto causa al governo per cambiare la legge sull’aborto in vigore nel paese dal 1967 e che ritiene “decisamente discriminatoria” per le persone come lei (il 90 per cento dei bimbi Down viene abortito nel Regno Unito).
Si chiama Heidi Crowter, ha 24 anni, e dichiara: “Non dovremmo essere qui, abbiamo meno diritti, ma siamo ancora esseri umani”. Heidi è sostenuta da Máire Lea Wilson, madre di un bimbo Down, la quale spiega che “il nostro caso non riguarda i diritti e i torti dell’aborto. Si tratta dell’istanza specifica di diseguaglianza nella legge, in base alla quale per un bambino senza disabilità il limite legale è di 24 settimane, ma puoi avere un aborto fino all’ultimo giorno se il bambino ha una disabilità. E’ sbagliato”. Quando la Lea Wilson è andata in ospedale durante la seconda gravidanza (dalla prima era nato Tom, che oggi ha tre anni), si era sentita consigliare una sola strada dal personale medico: “La prima cosa di cui volevano parlare era se volessi abortire. All’epoca ero incinta di 34 settimane. Ho due figli, li amo e li apprezzo allo stesso modo per questo ritengo sia sbagliato che la legge non li tuteli allo stesso modo. E per questo intendo cambiarla”.
Ma nei supermercati dei bambini e nella loro selezione da catalogo esiste ormai una coazione, diretta o meno, al figlio sano a tutti i costi. Il centro Feskov, che sarà a Parigi, pubblicizza “il miglior rapporto qualità-prezzo”, inclusa la garanzia di un bambino “in buona salute”. Sono capitati incidenti in cui coppie occidentali hanno abbandonato il figlio avuto da una surrogata dopo aver scoperto che era Down.
Peacock, la piattaforma streaming della Nbc, si prepara a lanciare la serie tv “Brave New World”, dall’omonimo romanzo del 1932 di Aldous Huxley, dove gli esseri umani sono generati e selezionati in laboratorio. Il Mondo Nuovo è qui. A Parigi va in mostra il “desiderio del figlio”, legittimato dalle leggi e dai suoi inganni, coltivato dai media, giustificato in nome del progresso. A Londra va in aula il “diritto di nascere”, inibito dalle stesse leggi, osteggiato dagli stessi media, bandito in nome dello stesso progresso, o sedicente tale, dei progressisti. Sono i bambini fuori menù.