Roma. “Dobbiamo garantire a tutte le donne di decidere liberamente sul proprio corpo e sulla propria maternità. I corpi sono nostri, noi decidiamo”. A sentire Irene Montero, ministro dell’Uguaglianza e moglie di Pablo Iglesias, leader di Podemos al governo con i Socialisti, sembra che ancora la Spagna debba dotarsi di una legge sull’aborto. Ne ha una dal 1985 e fu ampliata dal governo Zapatero. Oggi è fra le più progressiste d’Europa. Non abbastanza per Podemos, e così il partito ha annunciato che anche l’ultimo ostacolo che ancora esisteva in Spagna sull’aborto sta per cadere. E’ quello del consenso di uno dei genitori nel caso della figlia minorenne. L’aborto totalmente libero fa parte di una serie di leggi che la sinistra radicale sta portando avanti da mesi in Spagna, dopo quella sull’autodeterminazione di genere, sull’eutanasia in discussione e sulla “memoria democratica” della Guerra civile.
“Sono i campioni dei diritti, quindi devono creare nuovi diritti ed espandere senza fermarsi mai”, dice al Foglio Francisco Contreras, filosofo del Diritto dell’Università di Siviglia, studioso di Kant e Herder ed eletto in Parlamento con Vox. “Allargare l’aborto ai minori senza il consenso dei genitori era l’ultimo scoglio. Il premier popolare Mariano Rajoi aveva riformato la legge di Zapatero, introducendo il consenso”.
E’ un fenomeno generale in tutto l’occidente, dice Contreras. “Il passato cattolico non fa differenza. La Spagna non è più cattolica. E la chiesa cattolica non è più seria nella difesa della vita umana. Non ne parlano più qui. Benedetto XVI venne in Spagna molte volte e vi pronunciò discorsi importanti, che si ricordano. E’ in corso una catastrofe demografica e qui parliamo solo di aborti, abbiamo uno dei tassi di nascite più bassi al mondo da vent’anni. Non c’è più conservazione collettiva, qui nessuno pensa al futuro, ai figli, si vive nel presente. E di futuro si parla solo come cambiamento climatico. Nessuno parla del suicidio collettivo. Si pensa che sia solo una questione privata”.
Contreras non è certo che, anche se i conservatori tornassero al potere, la popolazione accoglierebbe le loro idee. “In questi quindici anni, la sinistra ha vinto la battaglia culturale nella società. Una nuova bioetica è stata imposta senza alcuna opposizione da parte dei Popolari, che pensavano che l’unica cosa che contasse fosse l’economia. L’unico serio è stato Alberto-Ruiz Gallardón”.
Nel settembre 2014, dopo che Rajoy cestinò la sua riforma in senso restrittivo dell’aborto, l’allora ministro della Giustizia Gallardón si dimise. Non solo: lasciò la politica e il seggio al Congresso. Di quella riforma rimase solo l’obbligo del consenso dei genitori per i minorenni, ora stralciato da Podemos. Gallardón aveva scommesso sulla “difesa dei nascituri” e contro l’aborto “come metodo contraccettivo”. Finiva così una carriera politica lunga trent’anni. Finì su una questione di principio. Non capita tutti i giorni. Il giornalista del Pais Ernesto Ekaizer scrisse che quelle dimissioni erano “il suo testamento”.
“Gallardón dimostrò di avere dignità”, conclude Contreras. “Quella dignità che si dovrebbe avere quando è in gioco la sopravvivenza della società”.
E’ d’accordo Benigno Blanco, storico volto del Forum delle famiglie spagnolo, protagonista di tante battaglie nelle piazze, già segretario di stato del governo di José Maria Aznar. “La sinistra europea in generale, dopo la caduta del comunismo, ha perduto la propria identità tradizionale e ha trovato una identità nelle minoranze”, dice Blanco al Foglio. “E in Spagna non abbiamo razzismo, come in America, e così si sono identificati con l’ecologismo, il gender, l’aborto. E c’è poi una componente atavica di anticlericalismo e anticattolicesimo. Quello che ora fanno è liberalizzare completamente l’aborto”.
Ci sono due effetti chiari: “Entrare nella coscienza collettiva, per restarci; e banalizzare, farne una soluzione ordinaria. C’è una spaccatura radicale oggi che divide a metà la popolazione spagnola. C’è la Spagna familiare, popolare e umanista e la Spagna dei giovani e delle minoranze. Siamo il paese d’Europa dove la cultura cattolica forse è meno importante. In questi quindici anni c’è stata una rivoluzione culturale brutale”. E c’è già il prossimo obiettivo della sinistra radicale con la legge Celaá: sradicare quel che resta del cristianesimo nella scuola.
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