“Approvare l'eutanasia durante la pandemia è osceno e indecente”
Dal filosofo Luc Ferry alla psicologa Marie de Hennezel, quegli intellettuali laici francesi contro la “dolce morte”
“Una civiltà che legalizza l’eutanasia merita di scomparire”, ha scritto sul Figaro il romanziere Michel Houellebecq, non nuovo a intemerate pubbliche contro la “dolce morte”. “Devo essere molto esplicito, quando un paese, una società, una civiltà, arriva a legalizzare l’eutanasia, perde, secondo me, ogni diritto al rispetto”. Molti media e personalità, come la sempre loquace Line Renaud, hanno castigato gli oppositori della legge sull’eutanasia al vaglio del Parlamento francese, usando il loro cattolicesimo per giustificare una mentalità chiusa. La Francia sarebbe divisa in due: quella “pro”, progressista, moderna e intelligente, e quella “contro”, reazionaria e alcolizzata (si vedano i commenti sotto l’articolo di Houellebecq sul Figaro). Peccato che siano gli intellettuali laici quelli stranamente più agguerriti nell’opporsi alla legge.
La tesi dei difensori della “morte con dignità” implica che la dignità umana sarebbe legata all’autonomia, spiega sul Figaro il filosofo Luc Ferry. “Un essere umano sarebbe indegno ai loro occhi perché sarebbe indebolito, il suo stato miserabile lo avrebbe privato della bellezza, del vigore e del fascino della gioventù in piena salute. Ebbene, per dirla tutta, è questa convinzione che trovo indegna, anzi ripugnante”. Un essere umano può mai perdere la dignità? “Basta pensare a coloro che amiamo per rabbrividire all’idea che possano, un giorno, in preda alla disperazione, cadere nelle mani di questi terribili medici dell’‘uscita’ rapida e indolore”, scrive Ferry.
La direttrice del magazine Causeur, Élisabeth Lévy, alla radio spiegava ieri che “l’eutanasia fa ora parte della panoplia progressista, i macroniani ne parlano come di un marcatore sociale, un segno di modernità. Essere contro significherebbe essere ‘reazionari’. Ma affermare di addomesticare la morte attraverso la legge è un misto di ingenuità e arroganza. Significa semplicemente rifiutare la condizione umana”.
Ma il commento più duro è forse quello della celebre psicologa Marie de Hennezel, una delle più stimate specialiste dell’invecchiamento, che ha accompagnato François Mitterrand nei suoi ultimi anni di vita. A causa della pandemia, dice al Point, “abbiamo avvolto i corpi in sacchi di plastica direttamente nelle bare, abbiamo impedito alle famiglie di andare a trovarli un’ultima volta, di partecipare al funerale… Dov’era allora la dignità? Ma all’epoca, pochissimi di noi suonavano il campanello d’allarme”.
De Hennezel trova “indecente” una legge simile. “Sono veramente indignata che osiamo parlare di dignità quando, allo stesso tempo, così tante persone muoiono in condizioni poco dignitose. Votare oggi per una legge che alla fine consiste nell’autorizzare l’eutanasia, lo trovo osceno”.
Il problema è anche economico. “Le cure palliative costano molto di più di un’iniezione letale”. Poi rivela: “Mitterrand, quando l’ho accompagnato, mi ha detto: ‘Finché sarò vivo, non ci sarà alcuna legge sull’eutanasia’. Quando gli ho chiesto perché, ha risposto: ‘Perché abbiamo tutti il dovere di proteggere i più venerabili’”.
Ma lo scandalo potrebbe essere ribaltato. E se invece, dalla Spagna alla Francia, l’Europa sentisse il bisogno di legalizzare l’eutanasia proprio durante la pandemia, sintomo del proprio cupio dissolvi?