L'intervista
Il Comitato di bioetica riesaminerà l'uso dei bloccanti della pubertà
Si va verso un nuovo parere, dopo quello formulato nel 2018. "Oggi disponiamo di più informazioni: i dati cominciano a emergere e l’analisi iniziale forse è stata un po’ approssimativa", dice il presidente Angelo Vescovi
Il Comitato nazionale di bioetica tornerà ad analizzare la questione dell’uso dei bloccanti della pubertà per i minori con disforia di genere. Lo ha proposto alla riunione di ieri Angelo Vescovi, presidente dal 2022: “Ci è stato richiesto un nuovo parere”, spiega, “dopo quello formulato nel 2018 (che autorizzava l’uso off label di questi farmaci, ndr)”. Da allora è cambiato qualcosa? “Oggi disponiamo di più informazioni: dati longitudinali e follow up, paesi che frenano dopo avere applicato per anni questo protocollo. E anche molti casi di detransizione. L’accesso al trattamento senza i filtri normalmente imposti da medicina e psicologia è stato facilitato da una pressione sociale molto forte”. Nel Regno Unito si parla di un più 4.000 per cento di trattamenti. Perfino Wpaht, la più grande associazione per la salute trans, ha ammesso un contagio social. “Influenze sociali che su una mente non ancora formata com’è quella di un adolescente possono avere effetti dirompenti”.
Il parere favorevole del 2018 passò alla quasi unanimità, contraria solo Assuntina Morresi. Pesò molto la questione del rischio suicidio. Oggi sappiamo che quel rischio non diminuisce, anzi secondo alcuni studi potrebbe perfino aumentare dopo l’inizio della terapia affermativa. “È un aspetto che andrà certamente rivalutato. Dovremo tenere conto della forte pressione emotiva e sociale che è stata esercitata. Questa è la mia personale opinione”. Secondo un recentissimo studio pubblicato dal Journal of Sex and Marital Therapy più di due terzi dei minori in trattamento non vedono miglioramenti dal punto di vista psicologico o addirittura stanno peggio. Dice Vescovi che “i dati cominciano a emergere e l’analisi iniziale forse è stata un po’ approssimativa. Cinque anni, quanti ne sono passati dal primo parere del Comitato, dal punto di vista scientifico sono pochi. Ma stiamo parlando di un fenomeno che ha avuto un’accelerazione straordinaria”.
Dicevamo dei molti paesi pionieri della terapia affermativa – Grande Nord, Regno Unito, ma anche vari stati americani, Australia e Nuova Zelanda e perfino l’Olanda che ha inventato il protocollo – che da tempo stanno frenando bruscamente. “Quando analizzi una questione così complessa corri il rischio di commettere errori se sei sotto pressione. Parlo della pressione di un’ideologia liberista totale: se una cosa si può fare allora devo poterla fare, altrimenti mi ammalo, cado in depressione etc. Non succede solo per la triptorelina. Si tratta di una dinamica devastante. Il valore della persona viene annientato. E va detto con chiarezza: sono in gioco anche fortissimi interessi economici”.
Un altro cambiamento importante riguarda la quantità di minori trattati. Nel parere 2018 si parlava di rarità, oggi i numeri sono ben diversi. “L’espressione contagio sociale rende bene l’idea. Quando la psiche è in formazione certi condizionamenti possono essere fortissimi. C’è perfino il rischio che la diversità diventi una moda per poter essere ‘visti’ in una società in cui apparire è diventato vitale”. Parliamo dell’ispezione al Careggi: una delle responsabili del centro per la disforia ha dichiarato che il percorso non prevede psicoterapia visto che “per le persone cisgender non viene richiesta per definire la propria identità di genere”. Somiglia molto a quanto ha dichiarato Florence Ashley, bioeticista trans membro del panel Oms sulla salute delle persone transgender: “I bloccanti della pubertà dovrebbero essere trattati come l’opzione predefinita” per tutti invece di “lasciare che la pubertà faccia il suo corso”.
“Intanto – dice Vescovi – una precisazione: all’ispezione non hanno preso parte membri del Comitato nazionale di bioetica. Non abbiamo questa funzione. Quanto al blocco della pubertà per tutti, ogni opinione è rispettabile, questa no. Trascende qualunque tipo di logica. Su quali basi tecniche, biologiche, mediche, cliniche, psicologiche si fonderebbe?”. Per depatologizzare la condizione trans si patologizza la salute: la logica forse è questa. “Si tratta di un’affermazione molto grave. Direi vergognosa. La proposta è trattare persone sane con un farmaco che ha pesantissimi effetti collaterali, pratica che ovunque sarebbe un reato. Ripeto: parlo come Angelo Vescovi, non come presidente del Comitato nazionale di bioetica. Rispetto le opinioni di tutti, ma questa distorsione è inaccettabile”.
Lei è biologo e neuro-farmacologo. Le chiedo: la pubertà, che è una transizione in sé, può essere bloccata “per avere il tempo di decidere”? Che cosa succede in un corpo umano quando inibisco farmacologicamente lo sviluppo sessuale? “La pubertà è un fenomeno multisisistemico regolato da un complessissimo network di sostanze che fanno evolvere tutti gli organi verso l’età adulta, accendendo miriadi di connessioni nelle cellule. Trovo sconvolgente che uno scienziato possa pensare che una molecola sia in grado di bloccare un processo così ramificato, eventualmente per riattivarlo in seguito. On-off è una logica che in biologia non esiste. I processi non si fermano, semmai vengono deviati con effetti a cascata”.
Però alcune società scientifiche, per esempio la società di pediatria e quella di endocrinologia, insistono sulla reversibilità degli effetti. “Puoi revertire l’atto, non gli effetti. Mi spiego: se un ragazzo si cala dal terzo piano con una corda e io la taglio quel ragazzo si sfracellerà o morirà. Poi potrò riannodare la corda – reversione dell’atto – ma il ragazzo resterà morto o sfracellato. Se somministro un vasocostrittore che impedisce l’irrorazione di un organo, quell’organo andrà in necrosi. Posso cessare la somministrazione, ma l’organo non riprenderà a funzionare”.