Poche, forse sgradevoli, considerazioni sul caso Nino Agostino
“E’ lui! Lo riconosco!”. Non è proprio un urlo, come annuncia il sito di Repubblica nel titolo del video del “confronto all’americana” nel quale Vincenzo Agostino riconosce Giovanni Aiello, l’agente della squadra mobile palermitana che sarebbe implicato nell’omicidio di Nino Agostino, poliziotto e figlio di Vincenzo che ancora oggi ricorda come a chiedere notizie di suo figlio fosse arrivato un collega con una faccia indimenticabile, una faccia da mostro. Il giorno dopo, Nino, sua moglie e la loro piccola creatura furono uccisi. Da allora, era il 1989, Vincenzo si è fatto crescere la barba e non se la è più tagliata. Mentre indica “faccia da mostro” ha l’aria di un profeta biblico. A turbare la solennità del video solo la folla di astanti, alcuni sicuramente giustificati per la loro presenza, come il pm Di Matteo, altri un po’ meno come il sindaco Orlando e altri personaggi, forse avanguardia del sit in della “società civile” che si teneva fuori dall’aula. Lo spettatore del video si chiede però perché Aiello “faccia di mostro”, una volta riconosciuto non sia stato arrestato. E qui sta il problema. Poche, forse sgradevoli, considerazioni. 1) Il riconoscimento avviene dopo che numerose foto di Aiello sono state pubblicate da Repubblica e dai principali giornali. Come prova vale davvero poco. 2) Pochi mesi fa i procuratori, all’epoca, di Catania e di Caltanissetta, Salvi e Lari pensarono di dissociarsi dalla indagini di un pm della direzione nazionale antimafia sul ruolo di Aiello, ravvisando in quelle investigazioni più di una forzatura. 3) Vincenzo Agostino prima di riconoscere Aiello aveva riconosciuto, in tempi diversi, altre due persone.
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