Con Davigo niente "Mani Pulite" bis, ma riforme condivise
“Torna Mani Pulite” era ieri la trionfale apertura del Fatto quotidiano. Lasciamo perdere l’obiezione che per tornare occorre prima essersi eclissati e nel caso specifico non risulta. Concentriamoci sul triplice indizio che viene iconizzato sotto il titolo di prima pagina nelle foto dei pubblici ministeri Piercamillo Davigo, Paolo Ielo e Francesco Greco. Quest’ultimo è in lizza per il posto di procuratore capo a Milano dove ha iniziato proprio con Mani Pulite una carriera sicuramente brillante. La sua nomina però è meno sicura dopo la comparsa di un competitore adeguato. Quanto a Paolo Ielo è vero che a Roma, nel riassetto degli incarichi deciso dal procuratore Giuseppe Pignatone per i suoi aggiunti si è visto assegnare il settore più delicato per i rapporti fra politica e giustizia, ma in fondo la delega non fa che ufficializzare una realtà di fatto. Resta Piercamillo Davigo, sulla cui elezione a presidente dell’Anm il Fatto ha tutti i motivi per cantare vittoria, anche perché è raro che una sponsorizzazione di Travaglio giovi al prescelto. Ma qui c’è l’aspetto più intrigante, che forse merita di essere seguito. Per un nuovo patto fra politica e giustizia, attraverso riforme condivise, chi meglio di Davigo? Sarebbe inattaccabile proprio dai settori oltranzisti della magistratura. Lo schema è noto, ad aprire ai cinesi fu Nixon, mica un democratico. Questo stanno cominciando a pensare anche alcuni autorevoli magistrati di sinistra. Non so se sia una buona idea ma certo non combacia con la prima pagina del Fatto di ieri.
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