Il pentito Consolato Villani e la pista calabrese
Consolato Villani, ’ndranghetista pentito, è finora l’ultimo personaggio del processo trattativa. Con la sua deposizione ci si sposta in Calabria, dove nel gennaio 1994 vennero uccisi due carabinieri. In sospetta coincidenza, notano gli inquirenti, con la presenza a Roma di Spatuzza e del suo capo Graviano per la preparazione di un attentato allo stadio Olimpico che poi non riuscì. Del duplice omicidio calabrese parla il boss Graviano , almeno secondo il racconto del pentito Spatuzza. Il pentito Villani racconta che un suo zio gli confidò come l’agguato ai carabinieri fosse stato chiesto da Totò Riina – che per la verità era in galera da un anno – per spingere lo stato a trattare. Sempre per la verità, le indagini fatte all’epoca individuarono il movente delle due uccisioni in una ritorsione per un sequestro di droga e alcuni arresti ai danni del clan locale.
Villani, per l’appunto, venne arrestato come uno dei killer. Ora il pentito calabrese dice che sempre suo zio gli spiegò che l’agguato fu organizzato con i “servizi deviati”. A coordinare il tutto c’era naturalmente l’agente Ajello, detto “faccia da mostro”, per gli inquirenti un personaggio chiave, come abbiamo già visto. C’è solo un problema: la procura di Caltanissetta che indaga ancora sulla strage di Capaci ritiene il pentito Villani, dopo averlo interrogato e aver verificato le sue affermazioni, un testimone di nessuna attendibilità. La pista calabrese è già in un vicolo cieco.
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