Roberto Grilli e il paradosso del processo Mafia capitale
Ieri nell’aula bunker di Rebibbia ha trovato conferma un paradosso del processo Mafia capitale. Il reato principale contestato dall’accusa, quello che caratterizza il processo, la associazione mafiosa, finisce per essere valorizzato dai pm non grazie alle testimonianze rese in aula dai testi citati ma sulla base delle reticenze e ritrattazioni che da parte di questi si susseguono nelle udienze. Così ieri quando è ricomparso davanti ai giudici Roberto Grilli. Sodale, in anni giovanili di milizia nei gruppi neo fascisti, con Riccardo Brugia, braccio destro di Carminati, Grilli, in anni più recenti, è stato implicato in un traffico di cocaina spostata con una barca a vela con lui come skipper. Nelle sue deposizioni istruttorie aveva chiamato in causa Carminati anche per quella vicenda, oltre che per il traffico di armi e le estorsioni esercitate nel famoso distributore di corso Francia.
Solo che una settimana fa di fronte ai giudici Grilli si è rifiutato di rispondere, ha revocato il suo avvocato e ha chiesto di essere sentito dopo aver consultato un nuovo difensore. Ieri ha ritrattato tutte le accuse sostenendo che si trattava di una strategia consigliatagli dal precedente avvocato per migliorare la sua situazione giudiziaria. A questo punto i pm hanno prodotto una registrazione del suo colloquio con l’ufficiale che era andato a notificargli la convocazione in tribunale. Si sente Grilli che dice “Ma stamo a scherzà? Se confermo duro ’na settimana. Me devo fa sparà ? Stiamo a parlà di Carminati. Dirò che tutto quello che ho detto mi è stato detto di dirlo”. La forza di intimidazione è un elemento che caratterizza il reato di associazione mafiosa e il risultato di certe ritrattazioni può essere per la procura equivalente alla conferma delle accuse.
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