Il coraggio inusuale di Andrea Orlando
Su referendum e manovra economica, al centro del dibattito politico, c'è poco da fare e da dire.Qualche danno collaterale però va pur segnalato
Referendum e manovra economica sono al centro del dibattito politico, appassionano e monopolizzano la scena, spesso esteticamente non esaltante. C'è poco da fare e da dire, anche perché la conta delle ferite alla logica e al buon gusto, alla lunga, diventa deprimente. Qualche danno collaterale però va pur segnalato. Le riforme in tema di giustizia, per esempio, lasciate al palo nel loro percorso parlamentare, grazie ad una, forse l’unica, convergenza di intenti fra forze politiche altrimenti lontanissime fra loro oltre che internamente litigiose. A vincere in questo caso è il partito dell’immobilismo, l’Anm, ben rappresentato in entrambi gli schieramenti e supportato dal trogloditico ma numeroso blocco dei forcaioli a cinque stelle. Se c’è un vincitore deve per forza esserci uno sconfitto e non può che essere il ministro Andrea Orlando che pure aveva avuto coraggio, unito ad astuta prudenza, nello sfidare le resistenze corporative coperte dai barriti in nome di “legge e ordine”. Un coraggio inusuale in molti suoi predecessori, oggi compresso in flebili recriminazioni perché sacrificato alla prudenza verso la conduzione del governo e del partito. Prudenza leale, e dunque ammirevole, ma forse per questo priva di astuzia.